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lunedì 26 dicembre 2011

il Servo di Dio Fra Giuseppe Maria da Palermo : da monello a Santo - Parte Prima .



Il SERVO DI DIO 
FRA GIUSEPPE MARIA DA PALERMO , 
CHIERICO E NOVIZIO CAPPUCCINO 
1864 - 1886 .

PARTE PRIMA

“ INCORREGGIBILE ”

Vincenzino Diliberto , nacque a Palermo il 1 Febbraio 1864 da una famiglia benestante . All’età di quasi 11 anni , non dava segni di voler rinsavire , e l’ingegnere Nicolò , suo padre , se ne preoccupava non poco . Si era in Palermo nel 1875 . Fino allora , forse perché troppo piccolo , non aveva dimostrato tante discolerie e impertinenze nelle varie scuole . Aveva influito certamente Rosa Diliberto , sua madre , spentasi nell’Aprile di quell’anno . Da allora divenuto senza freno .Irrequieto , bollente , impetuoso , amava l’eccesso e l’ardimento anche nel darsi ai trastulli della sua età . I parenti lo tenevano d’occhio , affinché non fosse colto da qualche male ; ma Vincenzino sapeva eludere la loro vigilanza e disporre le cose con tanto accorgimento , che per quanto si stesse a sorvegliarlo , difficilmente si riusciva a sorprenderlo . Una volta fu visto a saltare dalla ringhiera della terrazza di casa , e poggiando i piedi sulle grate sporgenti delle camere sottostanti , scendere in giardino , e poi con nuovo ardimento risalire , appoggiandosi all’inferriate della finestra . Talvolta i suoi giochi erano più pericolosi . Arrampicandosi sulle persiane dei balconi , già ben disposte , saliva su pian piano , come fossero una scala , finché arrivava sul tetto di casa . E qui il rischio era evidente , perché , se si fosse spezzata qualche stecca , precipitando sull’inferriata sottostante , si sarebbe addirittura tagliato in due . Un giorno prende una scala a pioli , l’osserva e pensa come potersene servire . Salirvi sopra , poggiandola semplicemente alle pareti era cosa usuale , egli invece voleva esercitarsi nello straordinario e nell’ardimentoso . Pensa di trasportala nella terrazza e la poggia al muro e invece di salirvi regolarmente dalla parte anteriore , vi si arrampica dalla posteriore , e tutto lieto d’aver trovato anche là da esercitare il suo ardimento e l’ingegno , sale frettoloso , facendole traballare continuamente ; ma essendo il pavimento di mattoni lisci , quand’egli era già in cima , la scala scivolò , ed egli sbatté sul suolo , rimanendo malconcio e insanguinato . A questa scena dolorosa aveva assistito la sorella Concettina , alla quale , appena caduto , non potendo parlare per lo stordimento , aveva fatto segno di stare zitta e non chiamare nessuno , ma siccome la bambina corse dai parenti , che insieme con le cure non gli risparmiarono i rimproveri , Vincenzino, adirato , le disse : “ Non dubitare , morrai inforcata ! ” . Ma i pericoli sembravano fatti per eccitare maggiormente la sua temerità. Un giorno i parenti lo ricercavano invano , e con sorpresa lo scorgono allegramente sul tetto di casa . Mentre gli chiedono meravigliati come abbia potuto salirvi , lo vedono venir giù con la massima disinvoltura e freddezza scivolando e aggrappandosi di qua e di là ; prima gettandosi col corpo disteso sul tetto , mise le gambe fuori dalle grondaie ; poi , pencolando fino a toccare coi piedi le sbarri superiori della finestra sottostante , scese servendosi delle stecche della persiana come di una scala . Ne ebbe rimproveri e castighi , il padre lo minacciò severamente per farlo ragionare ; ma Vincenzino non se ne commosse tanto . Il pericolo però non sembrava atterrire questo folletto , anzi sembrava invogliarlo maggiormente . Dove c’era da provare il suo coraggio e l’ardimento si sentiva trascinare come da una forza irresistibile . Il padre lo castigava e quei di casa lo rimproveravano aspramente , ma Vincenzino non cambiava . Un giorno , correndo all’impazzata in riva al mare , scivolò di peso nelle acque , e sarebbe forse annegato , se provvidenzialmente non avesse trovato due pezzi di legno ai quali aggrapparsi . Col crescere degli anni aumentava in lui questa frenesia di giochi pericolosi , sfidando alla cieca i pericoli . Il padre sperava nel tempo ; ma le delusioni si succedevano costanti . Gradatamente Vincenzino dai giochi della fanciullezza passò a quelli della gioventù , talora dannosi anche allo spirito . La smania per gli esercizi corporali gli infuse nel sangue la passione per la ginnastica e il fastidio per lo studio ,che mai aveva amato . In famiglia stava il meno possibile per non essere castigato e rimproverato , gridava per niente , ingiuriava le sorelle , attaccava brighe con i fratelli e facilmente mancava rispetto alla matrigna . A chi ne dava e a chi ne prometteva . Nessuno dei compagni doveva imporsi a lui , e a tutti gl’imponeva la sua superiorità con presunzione , la millanteria e peggio ancora minacciando . Era facile venire alla mani e la ragione doveva stare sempre dalla sua parte , anche quando era in torto . A scuola era svogliato , era il primo a ridere e a fare ridere , soddisfatto quando poteva far generare disordini , una ne faceva e un’altra ne pensava . In conseguenza : “ Per la poca volontà che aveva nello studio - scrive suo padre - per le discolerie e per il disturbo ai compagni , nel 1877 fu cacciato dall’istituto Randazzo dove lui studiava ” . Il padre addolorato , non sapeva come comportarsi verso il figlio e all’età di 13 anni , il comportamento di Vincenzino era sempre più “ argento vivo “ e il padre riguardo a questo scrive : “ Le ingratitudini che commetteva in casa e i disturbi che apportava in famiglia erano circostanze che accrebbero il mio rammarico e il mio dolore . Tentai vari modi per raddrizzarlo , ma invano . Ebbi a punirlo ora con dargli la sola minestra o il solo pane , o non facendolo uscire di casa . Aveva stancato la mia pazienza , che alcune volte lo percossi fortemente e lo tenni per ben quattro giorni chiuso in camera , dandogli pochissimo cibo , che gli veniva dato da uno dei parenti , senza fargli comprendere che io lo sapessi . A seconda dell’entità della mancanza non sempre lo castigavo , ma spesso lo ammonivo a studiare , a stare attento a scuola e ad essere rispettoso con gli altri ragazzi . Questi avvertimenti glie li davo dopo i castighi severi e i miei parenti me lo conducevano davanti a chiedere perdono e a baciarmi la mano . Debbo far notare che per quanto fosse inquieto , verso di me si dimostrava sempre rispettoso e ogni volta che lo punivo era mansueto e rassegnato senza dire parole di risentimento , ne si dimostrava adirato con me ” . Cacciato dall’istituto Randazzo , promise al padre di comportasi meglio e nel marzo del 1877 riuscì a farlo ammettere nell’istituto Gianfriddo , studiando discretamente e con un comportamento : migliorato. Il padre Nicolò parlò di nuovo con il direttore dell’istituto Randazzo e fu riammesso ad Ottobre . Apriti cielo , l’argento vivo che dominava Vincenzino , diventò più discolo e indisciplinato , così nel Gennaio del 1878 , venne cacciato per la seconda volta .
 
“ DA UN COLLEGGIO ALL’ALTRO ”

Il padre Nicolò per la sua professione di Ingegnere e capo del Genio Civile di Palermo , ero obbligato per il lavoro a stare la maggior parte del giorno fuori casa e non poteva sorvegliarlo . Scrive l’Ingegnere Nicolò : “ Questa seconda espulsione , mi gettò nuovamente nelle preoccupazioni e nelle difficoltà , le quali mi si accrebbero , pensando il suo comportamento ” . Era convinto che il rimedio più efficace , lo poteva trovare nell’educazione Religiosa . Conoscendo il Sacerdote Giuseppe Colavincenzo dal carattere austero , Direttore del convitto San Rocco , pensò di affidarlo a lui . Lo pregò di accettarlo per il suo carattere ; venne accettato il 10 Gennaio 1878 . Scrive Padre Giuseppe : “ mi fu portato di buon mattino Vincenzino dal padre Nicolò , la faccia irritata del padre ,il contegno dispettoso del figlio e con aria risoluta , sembrava che dicesse di non curare i castighi , non mi fece buona impressione , e tra me pensai : sarà un cattivo soggetto , che ci darà da fare ” . La condotta di Vincenzino destò rumore fin dal principio , ma egli diceva : “ Mio padre mi mette in collegio , ma io farò peggio di prima ! ” . Con i superiori non si ribellava apertamente , perché comprendeva nel suo animo , che la sua permanenza in collegio sarebbe stata breve e il suo modo di essere , non poteva trasmetterlo a chi gli stava vicino , per compiere con furbizia tutto quello che dava fastidio , irritando e godendo nel suo pensiero . Il Canonico Pennino e Confessore conferma che sosteneva con arroganza e durezza gli ammonimenti e le minacce . Per Vincenzino gli venne data questa regola : “ ad ogni fallo una punizione , ad ogni insubordinazione un castigo , ad ogni cattiveria una pena “ . Il direttore per umiliarlo ,gli imponeva la lettura del Catechismo in comune e quando mancava alle regole di buona civiltà gli si faceva leggere il galateo . Passavano i giorni e Vincenzino era sempre più solo , preso di mira dai rigori della disciplina e ogni compagno alla vista di Vincenzino, fuggiva : solo e solo da tutti . Anche il padre lo trattava con noncuranza , per cui scrisse : “ Affinché Vincenzino non modificò la sua condotta , da me non ebbe mai una parola di bene , ne dei dolci come si suol fare , quando la domenica lo andavamo a trovare ” . Questo isolamento , che si accentuava ogni giorno , cominciò a pesargli troppo , a farlo pensare seriamente a scuoterlo : “ cominciava a cambiare con un umore strano e taciturno “ , così afferma un suo compagno . Padre Giuseppe Colavincenzo oltre alle discipline aggiungeva le Soavi Attrattive della Religione , non lo chiamava direttamente né lo invogliava , perché sapeva che tale Regola d’Amore di Gesù non sarebbe giovata , ma indirettamente insistette con nuovi modi ( Ispirati dal Divin Maestro e Signore di Maestà ) nella spiegazione del Catechismo ed del Vangelo Domenicale , essendosi anche accorto fin da quando Vincenzino ,gli fu presentato che mancava d’istruzione sui Doveri del cristiano . Quando si capì di non poterlo cambiare , il direttore parlo con l’Ingegnere Nicolò , il quale alla notizia ricevuta si rammaricò moltissimo . Il Direttore con gli altri Padri decisero di lasciarlo per un po’ di tempo ancora , con la Speranza di vederlo cambiato . Vincenzino lo aveva promesso tante volte !
Dio solo poteva convertirlo ! E Dio andava Maturando i suoi Divini Disegni .


 
FINE DELLA PARTE PRIMA

LAUS DEO !

Pax et Bonum

Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano

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Fonte : PADRE SAMUELE CULTRERA OFM CAPPUCCINO
Da monello a Santo , Vincenzino Diliberto
II Edizione - EDIZIONE PAOLINE 1959 .
A.D.2011.

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Per ulteriori informazioni sul Servo di Dio
Fra Giuseppe Maria da Palermo Chierico e Novizio Cappuccino
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