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giovedì 29 dicembre 2011

il Servo di Dio Fra Giuseppe Maria da Palermo : da monello a Santo - Parte Quarta .





IL SERVO DI DIO
FRA GIUSEPPE MARIA DA PALERMO , 
CHIERICO E NOVIZIO CAPPUCCINO 
1864 - 1886 .

PARTE QUARTA


ASPIRAZIONI DI SANTITA’ “

Da quel giorno il suo metodo di vita cominciò a sorprendere e a far meravigliare sensibilmente . L’ammirazione dei compagni e dei superiori divenne unanime , poiché Vincenzino si mostrava costante nell’esercizio delle Virtù e nell’insieme di una vita che si distaccava notevolmente da quella degli altri . La Grazia della conversione - e d’una Conversione Intera , com’egli l’aveva desiderato - gli era stata concessa nel Mese Consacrato alla Vergine Maria , dopo essere caduto nell’infedeltà ed essersi dimostrato ingrato verso quel Dio che tanto lo Beneficava .
E quel peccato non si cancellò più dalla sua mente , aprendogli negli occhi una Sorgente di Lacrime , e con essa la Via diritta della Santità , nella quale si slanciò con Ardore . Primo effetto della sua totale Conversione fu una diffidenza notevole di se stesso . Tante volte aveva promesso al Signore Sommo e Infinito Bene che gli sarebbe rimasto Fedele a costo della vita ; tante volte si era addolorato dei peccati commessi , ed ora ecco a monte le Promesse ! Potava dunque fidarsi di sé dopo aver mostrato tanta debolezza ? E se per il passato , pur vigilando con fervore , era stato sorpreso e vinto , come poteva in avvenire contare sulle sue forze così deboli a resistere ? Che se Dio, nei Misteriosi Segreti della sua Misericordia , aveva voluto richiamarlo alla Vita della Grazia , poteva egli reputarsi sicuro di non subire nuove sconfitte ? Con Preghiere , Gemiti e Singhiozzi non cessò più da quel giorno di implorare la Perseveranza .Da quel giorno visse più preoccupato di questo Dono di Dio , da fargli scrivere più tardi nel “ Diario ” : “ Piangevo pensando che da un momento all’altro , potevo peccare , morire e dannarmi ; e piangendo pregavo Dio , e in modo Speciale la Vergine Santissima acciocché mi dessero la Santa Perseveranza ” .

Né si limitò alla sola Preghiera, ma vi aggiunse la Penitenza .
Quello che insolentiva di più era ordinariamente il corpo , fattore principale delle sue disfatte . Contro di esso doveva usare i rigori più notevoli della Penitenza . Ma quali mezzi ricorrere per domarlo più facilmente , vincerlo e assoggettarlo ?
Al suo ardente fervore si aggiunsero tutte le Penitenze . Però , si presentava un ostacolo , l’OBBEDIENZA , senza la quale - come aveva stabilito - nulla voleva intraprendere . E il Confessore non potendo supporre che l’Ardore del giovane andasse tant’oltre , in principio non si mostrò restio a farlo contento . Così il Santo giovane s’era imposta una lunga serie di digiuni , di mortificazioni e di asprezze ; aveva escogitato mille industrie per fiaccare la petulanza smodata della carne ; aveva fatto ricorso a mille ripieghi per rendersi assoluto padrone di se . Sapendo come il sonno e il riposo concorrano a fortificare i nemici dell’anima , drizzò contro di essi le sue batterie , andando a letto più tardi degli altri , mettendosi poi a Recitare Rosari , o a dimenarsi nel letto . Ma se con stento vi riuscì due o tre notti , in seguito gli divenne impossibile . Privarsi di un sonno regolare , in gioventù soprattutto , e assai difficile , tanto più che Vincenzino mirava a diminuirlo troppo .

San Pietro d’Alcantara - il Portentoso Santo della Penitenza - confidò a Santa Teresa d’Avila , sua Amica , di aver trovato la maggior difficoltà nel vincere il sonno . Come dunque poteva riuscirvi Vincenzino ? Ma non si diede per vinto .

Dacché stando a letto non poteva vincere il sonno , pensò di vegliare , mettendosi in Ginocchio . Difatti , simulando in principio di dormire come gli altri , appena s’accorgeva ch’essi si erano addormentati , si levava adagio adagio e incominciava le sue veglie singolari , e per non farsi notare da chi fosse per svegliarsi , si nascondeva , inclinato fra letto e studiolo . Certo , così gli riusciva meglio ; ma non poté celarlo a lungo , e il direttore , avvertito del fatto , ne fu commosso .
Vedere in un Giovane di quell’età simile vigore di volontà per espiare le passate colpe e premunirsi contro nuove cadute , non poteva lasciarlo indifferente . Tuttavia in principio finse di non accorgersene ; ma poiché in seguito il volto di Vincenzino cominciava a tingersi di pallore , gli impose di stare a letto come gli altri e di rimanervi tutta la notte . Il Comando era esplicito e chiaro , e Vincenzino non voleva contravvenirvi . Difatti il Padre Colavincenzo gliene rende testimonianza con queste parole : “ Notai molto il suo Spirito di OBBEDIENZA , giacché appena proibivo qualche cosa , prontamente vi si uniformava ” .

Pensa e ripensa , trova un nuovo modo .
Andando a letto stacca gli sportelli dello studiolo evitando ogni rumore e mettendoli sotto le coperte , vi si adagia tranquillamente , stringendo in mano il Rosario , col quale passa buona parte della notte vegliando ; il resto dorme , quantunque quegli sportelli non lasciano di rompergli le costole . Così gli andava bene . Però per quanto s’industriasse a nascondere quelle Penitenze , a lungo andare alcuni se ne accorsero .
“ Diventava di giorno in giorno più strano - scrive il suo compagno Piraino Antonino - Era sempre distratto e mi dicevano che stava delle notti a Pregare ai piedi del letto e talvolta a Piangere sommesso ” . Per Vincenzino era una vera tortura non poteva avere libertà , poiché i compagni scoperta la cosa , erano intenti a sorvegliarlo , e il direttore un giorno lo avvicinò e gli disse : “ Senti Vincenzino , i tuoi compagni potrebbero accorgersi di tutto e prenderti per ipocrita ; lascia stare gli sportelli dell’armadio e dormi tranquillo ” . Ubbidì come sempre .

Ma come dormire tranquillo se nella sua anima andava sviluppandosi ogni giorno una Sete eccezionale di Penitenza ?
Studiò e trovò un altro mezzo . Col pretesto di andare a bere , qualche volta si alzava di notte e andando al lavatoi , vi rimaneva a Pregare e poi “ a disciplinarsi con una fune bagnata , della quale quindi si cingeva i fianchi , tenendola tutta la giornata ” . Il suo intimo amico Antonino scrive : “ Consta a me che nell’inverno dormiva talora col solo lenzuolo e nell’estate con la coperta ; consta anche a me che sotto il lenzuolo poneva la tavolozza di disegno e che giornalmente bagnava le lenzuola con acqua , e ciò durante l’inverno… Restava poi la sera lungamente a Pregare inginocchiato innanzi al letto ” . Oltre ai digiuni pei quali otteneva la licenza , si privava molte volte della colazione ; al pranzo , fingendo di mangiare , spesso non faceva che tagliuzzare la carne senza arrivare a gustarne . Sin d’allora al Venerdì si limitava molto del cibo ; ma in seguito gli venne proibito , si limitò a mangiare la sola minestra . Non si affacciava mai alle finestre e andando a passeggio custodiva gelosamente gli occhi , e allorché qualcuno dei compagni , volendolo attirare la sua attenzione sulle donne sfarzosamente vestite , gliene elogiava la bellezza , Vincenzino , senza punto commuoversi rispondeva con discorsi evasivi o relativi ai cavalli che tiravano le carrozze .
La Sua era una Vera Sete di Mortificazioni , tanto che il Padre Colavincenzo , impensierito di questo slancio che non accennava ad affievolirsi , temendo per la sua salute , gli Comandò di non intraprendere cosa alcuna senza il permesso del Confessore . Ed allora Vincenzino , UMILE , ma attonito gli rispose : “ Ah! Padre mio , il Confessore lo sa che senza Penitenza non potrò ottenere il Paradiso ! ” . In fondo tutti lo ammiravano , benché alcuni dei compagni talora lo canzonassero , anzi facendosi animo si metteva a parlare di Dio , della vanità del mondo , della brevità della vita , dell’importanza del salvarsi l’anima ; allora scrosciavano da più parti le risa e si moltiplicavano le canzonature , ma Vincenzino , come se lodassero , proseguiva indisturbato . In tal modo per la costanza nel vincere il rispetto umano e per l’accento di Convinzione di cui parlava , se ne affezionò circa undici , i quali si avvicinarono ai Sacramenti e per giunta avevano deciso di Abbracciare lo stato Religioso . “ Anchio - dice Antonino suo compagno - subii l’influenza benefica dei suoi discorsi ed esempi ” . A questi Ardori di Penitenza accoppiò fin da allora una tenera Devozione al Santissimo Sacramento ; anzi fu là che apprese a trovare il suo conforto la quiete e il vigore per proseguire in quel difficile cammino , che da solo aveva compiuto la sua Conversione , e quasi da solo - in mezzo ad ansie e ricadute - l’affermò e l’assodò . La costanza della sua volontà e la Grazia di Dio resero possibile questo Prodigio . “ Ebbe tempo a sufficienza nel collegio San Rocco - scrisse il Canonico Pennino - di poter riparare dinanzi ai compagni gli scandali dati , sicché , quando ne uscì , lasciò presso di tutti una opinione di Giovane Santo ” . Anche il rigido direttore Sacerdote Colavincenzo , finì col divenire un suo ammiratore : “ Le Virtù da lui costantemente praticate , furono quelle che s’attirarono la mia Stima e l’Affetto ; e dire che egli per non divenire singolare si sforzava d’accomunarsi agli altri ” . Un giorno i collegiali di San Rocco andarono a rendere omaggio al Cardinale Celesia , allora Arcivescovo di Palermo , e , caduto il discorso sul giovane Vincenzino Diliberto ( già entrato in seminario ) , esclamarono ad una voce :
“ Ah ! Il Diliberto , ma quello è un Santo ! ” .

Quella di Vincenzino Diliberto era una Figura che attira , e il Mistero ci sembra che risieda nella Conversione di lui ,cnella sua giovinezza stessa e nel complesso delle circostanze che l’accompagnarono . Un giovane sui 16 anni che dopo una serie di discolerie non comuni , colpito dalla Divina Grazia , manifesta la Volontà risoluta di farsi Santo , si afferma , si vince ,csi domina ; si offre ai superiori e compagni lo spettacolo di un Penitente a tutta prova e che riesce a strappare di bocca la concorde affermazione : “ E’ un Santo ! ” , un tale giovane non facilmente può incontrarsi .

 
“ VOCE DI DIO , VOCE DEGLI UOMINI ”

Era stato collocato nel collegio San Rocco , non solo per venire domato , ma per compirvi il corso tecnico , avendo mostrato fin da ragazzo molta inclinazione alla meccanica . Espletato nel 1880 quel corso di studi , rientrò in famiglia il 19 Agosto . Il padre , nell’intento di farne un ingegnere meccanico , l’invitò a prepararsi agli esami per l’ammissione all’Istituto Tecnico . Ma qui sorgeva un ostacolo . Vincenzino , invece di prepararsi agli esami per l’ammissione per l’ammissione all’Istituto , avrebbe voluto incominciare lo studio del Latino , per poter abbracciare lo Stato Ecclesiastico . Il Signore gli aveva fatto sentire e provare quanto è Soave il Suo Giogo , quanto Attraente il Suo Servizio , quanto Dolce il Suo Amore ; e Vincenzino Docile a queste Grazie , si sforzava di far maturare e fruttificare queste Sante Aspirazioni . Manifestò quindi il nuove desiderio al padre Nicolò , che ne fu sorpreso poiché non godeva a quella sua Vocazione . Tuttavia per non contrariarlo gli promise che gli avrebbe procurato un professore per lo studio del Latino appena superati gli esami di ammissione all’Istituto Tecnico . Vincenzino Obbedì , nel Novembre del 1880 diede gli esami e fu ammesso con Onore al primo anno . Restava al padre di adempiere la sua promessa , ma allorché Vincenzino glielo ricordò , cominciò a tentennare e a guadagnare tempo gli fece incominciare lo studio nell’Istituto , assicurandolo che in seguito , vagliata meglio la Vocazione , non si sarebbe opposto .
Ma il cuore di Vincenzino non era là .
Gli studi che non lo torturavano direttamente a Dio - a quel Dio che non cessava di farsi sentire nel suo cuore - gli venivano a tedio , ne sapeva adattarsi .

Tuttavia Ubbidiva .
L’ingegnere Nicolò , accorgendosi come a malincuore frequentasse quelle scuole , per invogliarlo di più , pensò di farlo iscrivere all’Oratorio San Filippo Neri , dove veniva educando il fior fiore della gioventù palermitana , e dove - come egli pensava - avrebbe potuto trovare molto Alimento Spirituale la sua anima Assetata di Dio . Ve lo condusse egli stesso , e fu affidato alla sorveglianza del Sacerdote Carella . “ La prima impressione che ne ricevetti - scrive Padre Carella - fu ottima . Avendogli diretto alcune parole di avviso per sapersi guardare dai cattivi compagni , egli rispose con tanto giudizio , che ne restai ammirato . Oltre alla Modestia notai in lui Pietà e Diligenza ; ma poi mi fece la più grata impressione il vederlo pieno di Zelo per fare aggregare gli altri giovani al sodalizio . E ne fece del Bene ” . Vi attirò anche l’amico Antonino Piranio , il quale a sua volta ha tracciato di quel tempo una Memoria in cui tra l’altro scrive : “ Vincenzino ascoltava ogni giorno la Santa Messa e mi vi condusse spesso ; la domenica poi con grande gioia , quasi andasse ad un festino , correva all’ospedale per Servire gli Ammalati .

Ma il suo Spirito viveva angustiato .
Per quanto l’Esercizio delle Opere di Carità gliene lenisse l’affanno , il suo cuore era sempre rivolto all’ideale di Consacrarsi Interamente a Dio .Or avvenne che un giorno , trovato dalla matrigna con le vesti pieni di pidocchi ( presi nel servire all’ospedale ) , ebbe assoluta proibizione di recarvisi . Vedendosi egli in conseguenza precluso anche questo servizio , sentì il desiderio di Uscire presto dal mondo . Ne parlo di nuovo al padre , il quale , conoscendo come Vincenzino fosse tenace nei suoi propositi senza contrariarlo, gli di aver un po’ di pazienza . E intanto , siccome a quella Vocazione del figlio non credeva , cominciò ad adoperare dei mezzi punto consentanei alla sua Fede e Pietà , mettendogli sotto gli occhi le momentanee e fallaci attrattive della vita mondana . Il signor Diliberto , allora ingegnere capo dell’ufficio centrale dei Porti , Spiagge e Fari della Sicilia , e poi promosso Ispettore del Genio Civile e membro del Consiglio dei Lavori Pubblici in Roma , godeva fama di gentiluomo , di esperto professionista e di ottimo cattolico . Or essendo stato questo suo atteggiamento verso il figliolo Vincenzino giudicato dal Canonico Ferrigno ( primo scrittore della biografia di questo Servo di Dio ) , fece alcune Osservazioni : “ Non nego ch’io condussi mio figlio al teatro e in qualche riunione di ballo ; ma feci a ragion veduta , per osservare le mosse di lui , poiché conoscendo il suo comportamento prima di entrare nel San Rocco , temevo che fosse per tornare indietro , molto più che ignoravo il Mutamento Portentoso avvenuto in lui . E questo accertamento lo credevo necessario per aver veduto la cattiva riuscita di alcuni preti e frati del nostro secolo , e se anche in famiglia taluni ebbero a dirigergli parole di disapprovazione , lo fecero ignorando - come me - la Sua Perfezione ” .


 
FINE DELLA PARTE QUARTA .

LAUS DEO .

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano


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FONTE : PADRE SAMUELE CULTRERA OFM CAPPUCCINO
Da Monello a Santo - Vincenzino Diliberto
II Edizione - Edizione Paoline . 1959
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