Visualizzazioni totali

domenica 1 maggio 2016

MODELLO DI NOVIZIO FRA CANDIDO MARIA DA MAZZARINO CAPPUCCINO - DODICESIMA ED ULTIMA PARTE.




XXIII 
Morte 

Terminato l’anno del noviziato, emise la sua professione nelle mani del nuovo Maestro Padre Bernardino da Sortino, poiché Padre Simplicio aveva dovuto ritirarsi per motivi di salute. Degli ultimi mesi di noviziato non troviamo nessuna indicazione nel suo Diario, che termina con la metà di Ottobre 1935 (1). Possediamo una lettera diretta ai genitori, in cui dice:<< Ieri, 4 Febbraio, alle ore 5 del pomeriggio, ho fatto la mia professione, promettendo al Signore di osservare i voti di povertà, castità e obbedienza. Proprio ieri, mentre mi professavo, cadeva la neve. Sembrava che il Signore volesse dirmi: Ti chiami Fra Candido, e candida come la neve deve essere l’anima tua. Com’ero felice ai piedi dell’altare, con le mani giunte in quelle del sacerdote a fare i santi voti! Non ho provato mai felicità uguale. Non dimenticherò questo giorno. Pregate affinchè sia fedele >>. 
Che sentimenti nobili e belli, e in armonia perfetta coi suoi precedenti! Non sembrerebbero d’un ragazzo. 
Dopo alcuni giorni partì per Modica, a riprendervi lo studio, e vi trovò i compagni del seminario di Gela e del noviziato stesso. Anche là fu benvoluto da tutti, e particolarmente dal Direttore, come attestano i suoi compagni: << Il Direttore di Modica talora gli diceva: - Sta qui Fra Candido, vicino al Padre Direttore; non te ne allontanare, perché diversamente diventerai cattivo (2) - >>. 
Vi stava contento, proseguendo la sua vita di fervore e di pace interiore. Scriveva ai suoi il 10 Febbraio 1936: << Io qui sto bene e contento. E perché non dovrei essere contento servendo il Signore e facendo il mio dovere? >>. E alla zia Agnese diceva: << Volete sapere se sto contento? Se chiunque al servizio d’un re si stima felice, quanto più io al servizio del Re dei re? Un religioso potrà vivere mille anni, ma non giungerà mai a comprendere pienamente il beneficio della vocazione religiosa >>. 
Si vede che gli insegnamenti del noviziato gli rimasero beni impressi, poiché Padre Simplicio su questo punto batteva spesso bene. Egli poi, appunto perché fervoroso, gustava, può dirsi precocemente, le gioie della vita religiosa, e quindi godeva e stava contento. 
Ma Dio voleva presto trapiantare in cielo questo candido e verginale fiorellino, che forse in terra sarebbe appassito. 
<< Il 18 Ottobre - racconta un compagno (3) - dopo la ricreazione Fra Candido chiese al decano il termometro
- Che è? - gli disse quello - volete forse mettervi a letto? 
Non rispose. Dopo dieci minuti torno a dire che aveva la febbre a 38 e mezzo… Si mise a letto, non si alzò più >>. 
Si trattava di tifo, e la febbre talora raggiunse i 40 gradi. Dietro cure diligenti era entrato in convalescenza, quando il 18 Novembre - ad un mese preciso - incominciò a sentire forti dolori all’intestino e si manifestò la peritonite, che ne fece presagire la prossima fine. Però egli anche durante la malattia proseguì la sua vita di preghiera, di immolazione e di virtù. Uno dei compagni che talora gli faceva di infermiere (4) racconta che una volta per sollevarne il morale, gli disse scherzando: - Fra Candido niente zucchero oggi nel latte, perché il Direttore l’ha proibito. - Egli non rispose; ma allorchè quello in seguito gliel’offerse inzuccherato, egli ricordò: - No, fratello, poiché il Direttore l’ha proibito.
Più della salute a lui interessava l’obbedienza. 
Pur essendo grave, non lasciava di seguire con attenzione gli affari degli altri. - Fra Candido - gli diceva un altro compagno (5) - sei un privilegiato! La mattina latte, la sera riso, e poi uova, carezze e altro. Bella vita, n’è vero? - Ha ordinato così il Padre Direttore - rispose egli con quel soave sorriso. 
<< Quando già s’era aggravato, passando vicino alla sua stanza, sporsi la testa e chiesi all’infermiere, ch’era Fra Giustino, come stesse l’infermo. Non mi rispose, ma semplicemente me l’indicò, quasi a dire: Ecco com’è Fra Candido. Egli intanto aveva inteso la mia richiesta, e disse a sua volta all’infermiere: - E a lui è passato il mal di capo? - Oh! Da un pezzo, risposi io allora . - Questo fatto mi commosse profondamente e mi rimase indelebile (6) >>. 
Intanto il male s’aggravava: << Come soffriva! (7) Lì vicino al letto c’era un quadro della Madonna, e ad esso erano sempre rivolti i suoi sguardi. Si appressava alla morte senza saperlo, e nessuno ebbe il coraggio di dirglielo (8). Ricevette i Sacramenti, e forse l’avrà capito che doveva morire, ma indirettamente >>. 
Era un ragazzo. E poi, a chi non fa paura la morte? 
Nessuna meraviglia dunque ch’egli la temesse. Per timore d’impressionarlo, gliene nascosero il pericolo. Ma se il timore della morte è umano, naturale, ed è anche dei Santi ( ed ha voluto averlo il nostro adorabile Maestro Gesù Cristo ), non dispensa però agl’interessati di svelarlo, sia pure con le dovute precauzioni. All’anima ch’è abituata a vincere se stessa e ad abitare con la mente in cielo, molto più che Fra Candido era tanto sensibile per le cose dello spirito, poiché da piccino viveva con l’ansia di Dio e del Paradiso, egli che alcuni mesi innanzi aveva scritto ai suoi ( 10 Aprile 1936 ): << Viviamo in modo che un giorno possiamo tutti insieme trovarci riuniti nel santo paradiso. Che gioia allora! Che Gesù ce lo conceda! >>. 
Magari che in un primo momento ne avesse ricevuta cattiva impressione, la volontà e la grazia gli sarebbero venute in aiuto per dominare lo sgomento della natura. Del resto anche lungo quella malattia i compagni vi alludevano con frequenza, ed egli vi faceva volentieri eco: << Quando soffriva maggiormente gl’indicavo il quadro della Madonna, e ricordandogli l’Angelo Custode, gli dicevo: 
- Fra candido ci pensate al Paradiso? 
- Si - mi rispondeva con un fil di voce. Io allora soggiunsi: 
- Vi ricorderete di noi tutti?  
- Si - rispose di nuovo (9) >>. 
Oh! Se gli fosse detto chiaro che Gesù l’attendeva in cielo e che aveva fretta di renderlo beato! Tutto sarebbe cambiato sicuramente. Del resto la sua occupazione a letto era di unione con Dio. Diceva: << Gesù, tutto per voi (10) >>. Poi nei periodi più acuti del male esclamava: << Mio Dio, che strazio! Che dolore! In così dire emetteva flebili lamenti; però stringeva il Crocifisso e vi stampava fervorosi baci… Fissava il quadro della Madonna, e quando gli uscivano lamenti, appena qualche confratello gli ricordava la Passione del Signore, si rasserenava (11) >>. 
Nel ricordo del dramma divino del Calvario - da lui sovente meditato - ritrovava la serenità e la pace. Scrive uno dei Padri più rispettabili che furono presenti (12): << E’ sempre viva nella mia memoria la sua pietà nelle ore di agonia. Come ben ripeteva le giaculatorie e recitava con fede le preghiere!… A notte inoltrata, recitando noi le litanie della Madonna, egli tenne sì fissi gli occhi nel quadro di essa, da sembrare in estasi. Bisogna dirlo, sentiva speciale devozione alla Madre di Dio >>. 
Sotto l’oppressione della febbre e dei dolori non fa meraviglia che la sua natura in certo modo s’abbattesse; ma appena gli si richiamava l’idea di Dio, della Vergine, di Gesù Crocifisso, dell’eternità insomma, egli era subito dominato ed attratto, rientrava nella sua abituale atmosfera di sopranaturale, ripigliava a vogare - più tra gli affanni di morte - con decisione e con slancio nel cammino del cielo dove sempre era stato diretto. 
<< Rimasi molto edificato - scrive un compagno - della rassegnazione durante la malattia, poiché io gli facevo da infermiere (13) >>. 
Il dolore sovente si acuiva, ma egli non s’impazientiva mai. << Talora il dolore lo sopraffaceva, ed egli si metteva a piangere, ma non si lamentava (14) >>. 
Era evidente, quando si voleva distrarlo dal grave fardello dei dolori che l’opprimevano, non c’era da parlagli di Dio, che da richiamargli al pensiero cose sante. << Richiesto dal M. R. P. Carmelo se avesse voluto farsi la croce, rispose che volentieri, e porgendogli l’acqua benedetta, si segnò con tanta devozione e perfezione da meravigliare anche i circostanti. E dopo segnatosi, guardando il dito ancora bagnato, tornò a segnarsi di nuovo con la medesima devozione e perfezione (15) >>. 
Due cose mantenne integre fino alla morte: la lucidità e la sensibilità per le cose dello spirito e di Dio, come del resto aveva sempre fatto in vita. << Conservò la lucidità mentale sino agli ultimi istanti >>, dice un compagno (16); << Teneva gli occhi fissi al quadro della Madonna >>, aggiunge uno dei Padri (17). Ivi s’era ancorata dall’infanzia l’anima sua, e ivi ritrovava il riposo e la pace. 
La peritonite durò dal 18 al 21 Novembre. Il 20 Novembre giunsero i suoi genitori; ma non poterono che costatarne la gravità. Sul mattino, e proprio verso le ore due del 21, festa della Presentazione della Madonna, entrò in breve agonia, e poco dopo, assistito dai religiosi, se ne volò in Paradiso, che tanto aveva sospirato. 
<< Agonia e morte, furono placide e serene (18) >>. << La sua morte fu uno schianto per tutti (19) >>, però << il volto del caro estinto non rimase sfigurato, anzi sembrava più bello (20) >>. 
Fra Candido, l’angelico giovinetto che tante speranze faceva nutrire sulla sua ottima riuscita, era dunque morto; Dio l’aveva preso con sé. Il piccolo devoto della Vergine se ne salì in cielo proprio il sabato e in una festa di Lei. Egli l’aveva tanto pregata di sostenerlo nelle lotte, per rimanerle sempre fedele; e la Madre Celeste lo volle in cielo presto, per cantare l’inno eterno, nello stuolo di coloro che seguono l’Agnello. Oh! - come questa dolce Madre favorisce sempre i suoi devoti figli! 
Ma i compagni, ma i superiori, ma tutti quelli che avevano ammirato le sue virtù e concepite tante speranze, rimanevano nel duolo, inconsolabili. << Fu uno schianto per tutti - dice uno dei giovani (21) - Il Padre Direttore fu costretto ad uscire e scoppiare in pianto dirotto; lo stesso il vice direttore. I funerali furono imponenti. Le generose Terziarie vollero con noi accompagnarlo fino al cimitero. Quando si giunse vicino al ricovero di mendicità, il Direttore si provò a dargli l’ultimo addio. Ma che! - il pianto gli strozzò la voce. Non potremo dimenticarlo mai! >> 
Uno di coloro che si sentì colpito maggiormente dalla scomparsa del caro Fra Candido fu proprio il Direttore, Padre Agostino da Sortino, il quale alle condoglianze dei suoi antichi alunni, che si trovava in Sortino, rispondeva al 26 Novembre 1936 con queste frasi accorate: << Sento un vuoto ed uno sconforto inesprimibili… Vorrei non andare più a scuola, perché il vuoto di Fra Candido mi strazia l’anima. Ogni cosa mi parla di lui: il coro, la stanza, il refettorio. E’ come una tentazione che mi trascina a portare gli occhi dov’ero solito vederlo! La notte successiva alla sua morte mi sveglio di soprassalto, perché mi pareva che Fra Candido mi dicesse: Padre Direttore, dorme? Accendo la luce, guardo l’orologio: le due. Proprio l’ora precisa in cui 24 ore prima era volato in cielo. Che spavento! Era buono, umile, silenzioso, puro come un angelo, ingenuo come un bambino, a parte ch’era molto intelligente.  
>> Si manteneva sempre uguale, come voi lo lasciaste: non si sentiva, non si vedeva, raccolto sempre, sempre pietoso. 
>> Mi ci ero affezionato, perché la sua bontà sempre mi consolava. Chi avrebbe potuto pensare che la morte ce l’avrebbe rapito sì presto?… Avrei dato tutto, tutto per salvarlo. Ma quello ch’è scritto in cielo non si muta! Ora siamo rimasti col nostro dolore, che ci tormenta sempre, a tutte le ore! Il tempo forse lo attenuerà. Ma ci vorrà un bel pezzo!  
Pregherà dal cielo per noi, compagni vedovati della luce del suo sorriso!… >>. 
Più in là, a Natale, scriveva ancora ai medesimi: << Preghiera di ricordarvi nelle vostre orazioni di chi è ancora sotto il dolore per la perdita del buono, caro e indimenticabile Fra Candido! >>. E terminava con queste parole: << Sento ancora lo strazio per la perdita di lui, così buono e così promettente (22) >>. 
Allorchè si trattò di raccogliere le relazioni sul defunto, egli fece tenere da Padre Bernardino da Sortino, in Calascibetta, le seguenti espressioni: << Ho sofferto!… ma più per il carissimo Fra Candido, che mi era di grande consolazione. Lo ricordo ancora. Due giorni prima d’ammalarsi venne ad aprirsi (23), e questo m’è rimasto scolpito indelebilmente.  
>> Era ingenuo come un bambino. La sua mente era serena come quella di chi ancora non conosce la malizia umana. Pensava ai libri e allo spirito; fuori di questo non c’era nulla per lui. Come non mi dovevo affezzionare? …Mi gli raccomandò come ad angelo protettore, perché mi voleva così bene, che non è possibile che dal Paradiso debba dimenticarmi. Lo porterò nel mio cuore, finchè non lo raggiungerò, spero, anch’io. 
>> Abbiamo collocato nella biblioteca la sua fotografia. Così l’avremo sempre sott’occhio, per ricordarci di lui e suffragarne l’anima >>. 

FINE 

(1) Probabilmente lo scrisse tutto l’anno, fino al giorno della professione. Quello in nostro potere pare sia una copia in bello fatta da lui stesso. Siccome il Maestro Padre Simplicio raccomandava ai novizi di rilegarlo in fine d’anno, per conservarlo, egli, forse per non averne avuto il tempo o l’opportunità nel noviziato, pensò a Modica, prima di rilegarlo, di rimetterlo in bello e unico tipo di carta, quando fu colto dal malore. Se tale sospetto fosse affiorato ai compagni, Subito, avrebbero probabilmente trovato il resto. 
(2) Totò Levi, da Mazzarino. (3) Idem. (4) Fra Pacifico da Sortino. (5) Fra Giovanni da Palazzolo. (6) Fra Cesare da Leonforte. (7) Fra Gerardo da Sortino. 
(8) Non fa meraviglia dunque se per fargli ricevere gli ultimi Sacramenti ci sia voluto << del bello e del buono >>, come dice Fra Aurelio. Convinto che pericolo non c’era, non vedeva motivo di fare la Comunione fuori tempo e non digiuno. In tali casi il coraggio di chi assiste e rivela il pericolo, è santo e la franchezza divina. 
(9) Fra Gerardo da Sortino. (10) Fra Candido da Modica. (11) L’Araldo del Gran Re, Modica, Gennaio 1937. (12) Padre Carmelo da Mazzarino. (13) Fra Massimo da Sortino. (14) Fra Anselmo da Modica. (15) Fra Massimo da Sortino. (16) Fra Cesare da Leonforte. (17) Padre Carmelo da Mazzarino. (18) Fra Venanzio da Mazzarino. (19) Fra Cesare da Leonforte. (20) Fra Gerardo da Sortino. (21) Fra Cesare da Leonforte. (22) In data 26 Dicembre 1936. (23) Cioè per << l’apertura di cuore >>, della quale si parlò nei capitoli precedenti; pratica che aveva appreso nel noviziato. 

FONTE: PADRE SAMUELE CULTRERA - MODELLO DI NOVIZIO FRA CANDIDO MARIA DA MAZZARINO CAPPUCCINO SCUOLA SALESIANA DEL LIBRO ROMA 1944 - VIA TUSCOLANA 361 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù 
Terziario Francescano