Visualizzazioni totali

lunedì 13 giugno 2016

TERESA MARGHERITA REDI DEL SACRO CUORE DI GESU' MONACA CARMELITANA SCALZA ( TERESIANA ) SANTA * 1747 + 1770 - PARTE SESTA.




Teresa Margherita Redi 
 del Sacro Cuore di Gesù 
Monaca Carmelitana Scalza 
 (Teresiana) 
Santa 
*1747 +1770 


Non molto tempo dopo il Cav. Ignazio Redi si presentava a Santa Apollonia per riprendere la figlia, la quale, per quanto lasciasse con pena quel santo luogo dove tante grazie aveva ricevute dal Signore, pure serena e contenta si rassegnò a rientrare in seno alla famiglia. Era attesa con gioia da tutti, anche dai servitori, che avevano parole di lode per quella graziosa giovinetta, della quale ricordavano la bontà, la bellezza, l’angelica figura. 
Ma più di tutti ne parlava con vero entusiasmo l’antico giardiniere, che l’aveva veduta venir su buona, virtuosa. Quanti fiori, quante piante glia aveva sciupate la padroncina! Ma quel buon uomo l’aveva sempre lasciata fare, perché, diceva, il desiderio dei fiori per la Madonna era un buon segno. E si deliziava narrare agli altri come, prima che la fanciulla fosse posta in educazione, fra Mansueto di Santa Maria delle Grazie, Carmelitano Scalzo, venuto per la solita questua, avendo un giorno trovata distesa sopra una panca nella stanza della servitù, l’aveva avvertita non essere quello un luogo decente per una signoria. E la fanciulla aveva umilmente risposto che << l’aveva fatto per provare se, rendendosi teresiana, avrebbe potuto resistere a dormire sopra un luogo duro >>. 
Così, fra un discorso a l’altro, quei buoni servitori facevano la pulizia delle stanze, attendendo con impazienza di rivedere la cara padroncina. Giunse finalmente: ed oh, che festa per la mamma, per qui buoni domestici, per Anna Maria stessa! Com’era cresciuta! Tutti le sorridevano; ed ella per tutti aveva parole piene di dolcezza, di riconoscenza, d’incitamento al bene. Negli occhi le si potevano leggere l’interno candore, la commozione del cuore, la santa giocondità dell’anima. Se ne compiacevano tutti, ma specialmente la madre, che ringraziava Dio di averle conservata così virtuosa la sua figliolina. 
Passato quel giorno tra l’esultanza domestica e nelle visite ai parenti, Anna Maria si ricompose subito nella sua calma consueta. Ben tosto apparve agli occhi di tutti a qual grado di perfezione fosse giunta nel tempo di sua educazione. Sempre raccolta, con la mente sempre fissa in Dio, si nascondeva in qualche angolo del giardino o nella sua cameretta, dove le fosse stato possibile gettarsi in ginocchi senza esser veduta ed espandere così il suo cuore al Signore. Non sapeva neppure ella stessa che cosa ivi facesse; solo sentiva che il suo cuore si consumava alla presenza di Dio come un cero acceso, al solo fine di rendergli amore per amore. 
Aliena delle cose del mondo, aborriva la pompa, il lusso, la squisitezza del vestire, << benchè per l’analogia alla purità dell’anima, amasse sempre la mondezza, la decenza, la puntualità >> ( Mons. ALBERGOTTI manoscritto ). 
Era divenuta così umile e caritatevole che faceva sua letizia sollevare i servitori nelle loro giornaliere fatiche, nonostante essi cercassero impedirlo. 
Verso suo padre era di una delicatezza squisita tanto da risparmiargli ogni dispendio non necessario. Avendo ricevuto da lui in regalo, durante il tempo che fu in educazione, certe somme di denaro perché ne disponesse per i suoi piccoli innocenti piaceri, ella non se ne servì, ma riportò a casa fino all’ultimo centesimo e graziosamente pregò il babbo, e fece le più vive istanze, perché egli lo riprendesse. Pur mostrando gradimento di quella inaspettata e sì generosa offerta di amor filiale, il Cav. Ignazio non volle acconsentire, ed ella allora erogò a pocoa poco quel denaro in elemosine. 
E per i fratellini quale amore non dimostrava! Sappiamo che, prima di essere posta in educazione in Santa Apollonia, era spesso percossa da uno di essi; ma ella faceva di tutto perché non la sentissero piangere e il fratello non venisse punito dai genitori. E quando qualcuno di essi veniva ripreso e sgridato, ella se ne affliggeva si prendeva cura di consolarlo, portandogli di nascosto la porzione del desinare, se per castigo ne era privato. 
Per Francesco Saverio aveva un affetto tutto speciale. Era il suo piccolo compagno d’infanzia, con lui s’intendeva a meraviglia, ed era da lui ricambiata d’uguale affetto. Più tardi, quand’ella, già novizia, avrà passato in religione poco più di otto mesi, egli, al pensiero della avvenuta separazione, dal collegio Cicognini di Prato, canterà con dolore: 
Lontano è ver son con la salma, o cara 
Vergine pudica, dal ritir tuo santo, 
Ove in lasciarti un dì, mia doglia amara 
Mi fè fonti versar di largo pianto. 
Ma mille bei pensier si fanno a gara 
Nella mia mente in rimembrarti, intento 
Che la mia musa dolce stil prepara 
Ond’io rinnuovi il mio primiero canto. 
Ed or, lungi ancor io, dal vulgo insano, 
Nobil cetra cercando e nobil arte, 
Son da ogn’altro pensier schivo e lontano. 
E sol mi dice il cuor che, a mano a mano, 
Di te descriva degnamente in carte, 
Anna, ogni più gentile atto e sovrano. 
( Prato, 30 Novembre 1765 ). 
Erano così grandi il suo raccoglimento e il suo amore al silenzio ed alla preghiera, che quando non voleva essere disturbata dai suoi fratelli minori, che si ricreavano in una stanza vicina alla sua: << Fratellini - diceva loro con amorevolezza - andate di là, non fate il chiasso, ed io, se sarete buoni, vi darò un bel santino >>. Per il desiderio del dono promesso la lasciavano: Anna Maria socchiudeva allora la porta, ed essi, tornando sui lor passi, stavano ad osservarla inginocchiata in orazione, e dicevano edificati: << Quanto è buona! >>. 
Di quali mortificazioni non fu testimone la sua cameretta! Il suo corpo verginale, perché Dio fosse solo il Signore di tutto il suo essere, e non mai la carne ribelle prendesse il sopravvento sull’anima angelica! Per imitare Gesù Crocifisso usò un rigore superiore all’età sua e, così giovane, affisse fin d’allora la propria carne con quelle pene che il mondo guarda con orrore e chiama stoltezza. Più volte la settimana si flagellava e si cingeva i fianchi con funicelle nodose. Mortificazioni e penitenze siffatte l’angelica giovinetta usava anche quando, per volontà dei genitori, doveva uscire di casa e più particolarmente nelle vigilie o nei giorni della Santa Comunione. 
<< Ogni otto giorni - ci lasciò scritto il padre di lei - frequentava i SS. Sacramenti nella Chiesa dei Padri della Compagnia di Gesù, e stava nella casa di Dio sempre nella nuda terra genuflessa, e con tale compostezza e raccoglimento, che sembrava un angelo in carne >>. Si legge nelle deposizioni che, ritirata nella sua camera, ripeteva anche più spesso le altre più piccole mortificazioni e stava ora con le mani sotto le ginocchia, ora prostrata con la fronte al suolo, ovvero appoggiata su qualche spigolo del suo inginocchiatoio. 
Ma questo è nulla in confronto delle sante astuzie che usava la notte per provare i rigori della vita carmelitana. Quando era certa che tutti fossero a letto, toglieva i materassi e si adagiava sul semplice saccone. Ciò le costava grande sacrificio: la mattina infatti doveva alzarsi molto per tempo a riordinare il letto, perché la cameriera non si accorgesse di questa sua astuzia. A mensa lasciava del tutto e toccava appena i cibi più delicati e, se fra giorno le veniva dato qualche cosa di gustoso, se ne privava, e nascostamente trovava il modo di mandar tutto ad alcune povere persone del vicinato. Il padre stesso vedeva e considerava la vita nascosta della figlia, il suo amore alla preghiera, e, pieno di stupore, potè accorgersi di quale spirito di mortificazione fosse dotata la sua Anna Maria. E la madre?… Quante volte interveniva nell’osservala, senza essere veduta, protesa sul pavimento della sua cameretta, avrà dovuto esclamare con le lacrime agli occhi: << Mio Dio, e che diverrà mai questa fanciulla? >>. E Dio la consolava questa buona madre, ed avvalorava le sue speranze: ella vedeva crescere la sua Anna Maria sempre più virtuosa, buona, obbediente; e ciò era gioia somma al suo cuore materno. Essa raccoglieva ora il frutto della buona educazione che aveva istillato in quel tenero cuore. In tal modo la pia giovinetta aveva saputo ritrovare tra le pareti domestiche la tranquillità del chiostro e l’opportunità di maturare il grande disegno che rivolgeva nell’animo. 
Adattandosi pure con disinvoltura a quelle esigenze sociali che la posizione di sua famiglia le imponeva, pronta sempre, nonché ai comandi, ai desideri dei genitori, aveva trovato modo, ciò nonostante, di esercitarsi nella penitenza sotto lo sguardo di Dio solo. Contenta di tutto, riceveva con indifferenza quegli abbigliamenti che la madre le destinava e che del resto erano modesti; e, come le veniamo dalla cameriera aggiustati alla persona, così li riportava senza cambiarvi uno spillo, quand’anche ne risentisse molestia. Inconscia, o meglio non curante, dei rari doni di bellezza onde natura l’aveva fornita, si applicava unicamente all’acquisto di quella bellezza interiore che poteva renderla cara al suo Dio; e la singolare sua modestia aggiungeva celeste attrattiva all’angelica sua figura. 
Così cresceva la nostra fanciulla pura e bella, ma nascosta agli sguardi di tutti, null’altro bramando se non di consumarsi alla presenza di Dio. Il Carmelo era l’oggetto delle sue vive brame; la sua vocazione aveva per lei quella certezza che infonde la forza ai maggiori sacrifici. Bisognava però risolversi: bisognava che ella svelasse ai genitori questo segreto del cuore, ed allora le porte del Carmelo, pensava, le si schiuderebbero senz’altro davanti. Ma la cosa invece non fu così: se fosse andata in tal guisa, se i suoi desideri appena manifestati fossero stati senz’altro soddisfatti, la sua vocazione sarebbe stata spoglia di quelle prove che, al cospetto di Dio e dinanzi agli uomini, danno al sacrifizio il pregio di un odoroso olocausto. 


FONTE: Padre Stanislao di Santa Teresa, dell’Ordine Teresiano dei Carmelitani Scalzi. Un Angelo del Carmelo, Santa Teresa Margherita Redi del Sacro Cuore di Gesù. 1934. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano