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mercoledì 20 luglio 2016

TERESA MARGHERITA REDI DEL SACRO CUORE DI GESU' MONACA CARMELITANA SCALZA ( TERESIANA ) SANTA *1747 +1770 - PARTE DECIMA.







Teresa Margherita Redi 
 del Sacro Cuore di Gesù 
Monaca Carmelitana Scalza 
(Teresiana) 
Santa 
*1747 +1770 

La prova dei patimenti è il suggello delle opere di Dio: questo divino contrassegno non doveva mancare al postulante ( Così è chiamato quel tempo che corre dall’ingresso in Monastero alla vestizione religiosa ) della pia fanciulla. Ma i suoi patimenti d’allora non furono quelle prove tormentose dello spirito che ardono e consumano l’anima con angoscia inesprimibile; bensì prove puramente corporali che, sopportate pazientemente ed offerte a Dio, arrecano quella pace sovrumana per cui ogni dolore si dimentica e si trasforma in soave godimento. 
O fossero le prolungate orazioni genuflesse sul suolo, o la delicatezza del suo temperamento, verso la fine del 1764 le si formò sopra il ginocchio un grosso tumore che ella occultò per alcuni giorni; ma una febbre ardentissima l’obbligò a manifestare il suo male e dovè porsi in letto. Fu necessario l’intervento del medico, il quale dichiarò indispensabile un’operazione chirurgica. Anna Maria vi si sottopose col coraggio dei martiri, solo sollecita della riservatezza verginale. << Mi assoggetto di buon grado - aveva detto alle religiose - per confortarmi al patire di Nostro Signore Gesù Cristo >>. 
Ed infatti si comportò come aveva promesso. E perché, sotto l’azione del ferro, le sfuggì un lamento, ne restò confusa e ne domandò perdono come di una colpa. Il giacer sempre sul medesimo fianco, la febbre che non lasciava mai, le cagionarono per tutto quel tempo un continuo dolore. 
La Madre Sotto-maestra, nel vederla così sofferente, usava ogni studio per tenerla sollevata, e le era prodiga di tutte le cure e i delicati riguardi che le dettava il suo bel cuore. Un giorno questa buona Madre ebbe la premura di prepararle una piccola pietanza assai gustosa e, tutta contenta, la portò ad Anna Maria. Questa, gustata che l’ebbe, dimostrò di non volerne più. Interrogata del motivo di tale ripugnanza, col suo solito fare tanto piacevole rispose: << Mi ci ha messo tante cose buone che non mi paiono adatte alla vita delle carmelitane scalze, e non combinabili con la mortificazione >> ( Deposizione della Madre Anna Maria di Sant'Antonio da Padova ). Eppure non si trattava che di due uova affogate nel brodo e cosparse di pochi aromi. Edificata di tanto amore alla mortificazione, la Madre le soggiunse che mangiasse pure con sicurezza tutta la pietanza, perché in tempo d’infermità anche l’uso delle stesse carni è, secondo le leggi della Nostra Santa Madre Teresa, un atto di osservazione; e perciò avrebbe ella così acquistato il doppio merito dell’osservanza e dell’obbedienza. Non ci volle altro perché la pia giovane obbedisse subito e mangiasse quelle uova senza replicare; onde la Madre Sotto-maestra si persuase che il vero e solo motivo che gliele aveva fatte ricusare era stato l’amore alla mortificazione. 
Ma mentre pativa per le medicature e gli ardori della febbre, altra sofferenza sopportava volontariamente in silenzio. Aveva letto la vita dei Santi e udite le loro azioni eroiche per mortificare il loro corpo: li volle imitare. Il suo cuore era grande, ma non sapeva l’ingenua fanciulla che i Santi agivano sempre curvati sotto il giogo dell’obbedienza, senza la quale sarebbe inutile ogni più grande sacrificio. La Sotto-maestra che l’assisteva si accorse di qualche particolare contrazione nel viso di lei e, dopo attenta osservazione, scoprì che le forcine di ferro che ne trattenevano la lunga e folta capigliatura, sotto gli ardori di cocentissima febbre gli cagionavano alcuni spasimi nel capo. Gliele tolse tutte, e fin d’allora tanto più vegliò nel custodirla quanto più conosceva che le mire di lei erano intente a mortificarsi e a patire. 
Ben altra pena più intensa teneva però nel cuore Anna Maria: il timore cioè che la sua infermità le impedisse o facesse ritardare la vestizione dell’abito religioso. Ma il Signore, con la grazia della completa guarigione, le concesse altresì quella di vedere appagati i suoi voti. Le fu dunque annunziato che bisognava uscisse dal Monastero perché, durante la sua assenza, le religiose potessero liberamente decidere. Se non che, prima di ciò, secondo la pia costumanza, ella stessa doveva chiedere alla Comunità di essere accettata ed ammessa alla vestizione. Con angelica compostezza si presentò la fervente fanciulla davanti alle religiose radunate in Capitolo e, con accese parole, con ragioni sì commoventi da intenerire i cuori più duri, pur confessando di esserne indegna, le pregò a non volerla rigettare dalla loro compagnia. Promise che si sarebbe emendata dei tanti suoi difetti, ciò che sperava ottenere con l’aiuto delle loro preghiere. 
Quell’aria angelica, quelle dolci parole, non poterono a meno di commuovere le religiose, le quali piansero di tenerezza. Quindi le dissero che, se ciò fosse volontà del Signore, stesse sicura che l’avrebbero contentata. Non poteva accadere diversamente; quelle religiose ringraziarono Dio del dono che loro faceva, e rammentavano l’una all’altra i presagi fatti sulla fanciulla al primo suo entrare in Monastero: << Che essa cioè acquistavano una figlia della Santa Madre Teresa, già formata, e che ne sarebbe uno dei più vivi ritratti >>. 
Col cuore pieno di gioia, Anna Maria scrisse subito una lettera allo zio Padre Diego Redi della Compagnia di Gesù, annunziandogli il grande avvenimento; e lo pregava a ringraziare il Signore della grande bontà e misericordia che usava verso di lei, col riceverla per sua sposa. Nella risposta, lo zio la esortava a corrispondere a tanta grazia, e, con la pratica delle sante virtù, a divenire una figlia degnissima di Santa Teresa. << Affezionatevi - le diceva - a ciò che ella particolarmente inculca, cioè umiltà vera, orazione umile, obbedienza cieca. Secondate il fine che Ella ebbe nel fondare la sua religione che fu appunto perché vi fossero persone da bene, le quali continuamente pregassero per la salute delle anime… Gesù, mia cara nipote, vi vuole non solo buona, ma santa >>. Queste ultime parole colpirono la giovinetta, si ricordò dei propositi tante volte fatti nella casa paterna, e li rinnovò formalmente. E con pari gioia scrisse al babbo una lettera in versi. 
Il 4 Gennaio 1765 uscì dal Monastero e sulla fine dello stesso mese nuovamente fu condotta dal padre a far visita alle sorellina e alle maestre in Santa Apollonia, quindi a Prato per rivedere e dire addio ai fratelli Gregorio e Francesco Saverio, in educazione nel Collegio Cicognini di quella città. Albergò col padre e coi fratelli nella foresteria di San Nicolò, e quei quattro giorni che vi trattenne furono impiegati nella visita delle Chiese e dei Monasteri. 
Essendo col padre e con altre ragguardevoli persone nell’atrio del Monastero di San Michele, veduti affacciarsi alla porta esteriore alcuni poverelli, si staccò subito con bel modo da quella comitiva e andò loro incontro. Cavatosi quindi di tasca quel poco di denaro che aveva, lo distribuì loro garbatamente, accompagnando quell’atto con parole dolci e compassionevoli, fra l’ammirazione e l’edificazioni dei presenti. 
Sappiamo dalle deposizioni che fecero i fratelli, che in quel tempo i desideri di Anna Maria, le sue aspirazioni, erano così veementi, che non poteva a meno di parlar loro di Dio, della grazia grande della vocazione, dell’obbligo che abbiamo di corrispondere a tanto amore. 
Una mattina mentre aspettavamo l’ora del pranzo, si era ritirata frettolosamente in camera, e il fratello Francesco Saverio, sapendo che vi era andata a far orazione, per non disturbarla, l’aspettò in fondo alle scale. Passati pochi minuti la vide uscire col volto tutto infiammato, e correndo verso di lui, gettarglisi al collo e dirgli con grande enfasi: << Cecchino, vuoi bene a Dio? >>. << Alla meglio che posso, da peccatore >> - rispose il fratello. Allora, accendendosi ancora più nel volto e stingendolo con slancio serafico, con gli occhi rivolti al cielo, soggiunse: << Amalo davvero Gesù; se sapessi quanto è bello, quanto è caro e quanto è amabile!… >>. E il fratello meravigliato, stava riguardandola, mentre il volto di lei sempre più s’avvivava, splendeva e quasi si trasformava. Che cosa era mai accaduto?… Nel silenzio della sua cameretta, abbandonata col pensiero alla dolce contemplazione dell’amore infinito di Dio, il suo cuore si era acceso di quella vampa misteriosa che tutta la consumava: onde, con gli occhi fissi al cielo, fremeva quasi sotto l’angoscia indefinita di non poter pienamente raggiungere Colui che aveva ferito il suo cuore. Non potendo più resistere, si era alzata e, trovato il fratello, aveva dato libero sfogo a quella piena di affetti ( Questo fatto avvenne nella foresteria di San Nicolò di Prato ). 
Dio la volle arricchire fino d’allora del dono di quella profonda e sublime contemplazione che Egli comunica solamente alle anime pure e innocenti. Possiamo dire che Anna Maria, anche in quel tempo che stette fuori dal Monastero, visse sempre come isolata, sola con Dio e con le sublimi elevazioni. Spogliata di tutto, non cercando che Lui solo, era da Dio investita al primo presentarglisi che faceva. E l’investirla ero lo stesso che averla tutta infiammata e compresa del suo fuoco purissimo. Che meraviglia dunque se ella era amante dell’orazione, e se questa era senza limitazione di tempo? Ogni luogo era per lei atto alla preghiera; dappertutto fuggiva improvvisamente a se stessa e si nascondeva in Dio. 
Dopo essersi fatta promettere dai fratelli che sarebbero sempre buoni e amanti di Dio, si licenziò da essi e partì col padre a Firenze, soffermandosi, al ritorno, a visitare le Signore della Quiete e la fabbrica delle porcellane del Marchese Ginori, e << per tutto fe’ ammirare la sua angelica modestia e compostezza, il suo innocente candore, la fervida sua devozione e pietà, e generalmente la soavità meravigliosa dei suoi costumi e del suo tratto >>. Stette fuori dal Monastero due mesi, cioè dal 4 Gennaio 1765 fino alla sera del 10 Marzo, e in questo tempo fu affidata alla Nobil Signora Isabella Mozzi nata Contessa Barbolani di Montauto. E’ incredibile quanto questa nobil donna rimanesse edificata ed insieme innamorata di quella giovinetta che aveva bellezze e profumi di cielo, e che dovunque lasciava una traccia luminosa di quella sublime carità che ardeva nel suo cuore generoso. << Trattava con le diverse persone - ci lasciò scritto questa nobil donna - con grande circospezione del suo operare e minuto pensiero non solamente dei doveri, ma ancora delle convenienze nobili e cristiane >>. 
Grata verso chiunque le avesse usato un favore, volendo mostrare la sua riconoscenza a tutte quelle persone di servizio di casa Mozzi, appena fatto il suo ingresso in Monastero scrisse alla Contessa ringraziandola e pregandola di dar loro, a titolo di mancia, alcuni involti di danaro e di altri oggetti di devozione. 
Mentre era ancora fuori del Monastero, quando seppe che nello scrutinio del 4 Marzo era stata dalle religiose approvata pienamente e che avrebbe ricevuto l’abito il giorno 11, come volesse dire addio per sempre alla pompa ed al lusso mondano indossò una veste più bella ed un paio di guanti di pelle rossa ( oggi si conservano quali preziose reliquie ), i quali secondo il costume di quei tempi, le arrivavano fino al gomito. Un religioso Carmelitano Scalzo di San Paolino - la tradizione porta che questo fatto sia accaduto nella sagrestia di quella Chiesa -, ignorando il fine di quel cambiamento, le fece notare che non conveniva ad una sposa di Gesù quell’elegante acconciatura, ed ella sorpresa di tale osservazione, con seria semplicità rispose: << Un giorno sarò santa! >>. 
Una risposta così risoluta sulle labbra di quest’angelo che fino era appagato tanto umile, potrebbe recare qualche meraviglia, se i fatti che veniamo gradatamente esponendo in questa breve storia non ci facessero credere che la risposta data alla Serva di Dio, come narra di altri santi ( Si legge, che San Vincenzo Ferreri molte volte proclamò la sua canonizzazione; e si racconta che, fanciullo di circa dieci anni, avendo veduti i contadini intenti ad abbattere un cipresso che era presso la casa paterna, li pregò di non reciderlo, dicendo loro che quel cipresso doveva ancora crescere ed ingrossarsi, perchè in seguito dal suo tronco se ne sarebbe formata una statua di un santo; quindi soggiunse: << E questo santo sarò io >>. ), fosse effetto di una soprannaturale illustrazione. 
Un altro fatto che ha tutte le apparenze di profezie, e che avvenne più tardi, quando ella era già monaca, è il seguente. Mentre un giorno, in tempo di ricreazione, la Santa stava ricamando alcuni << abitini >> - che le religiose sogliono poi regalare ai benefattori del monastero - una sorella che osservava il suo impegno, ma anche la poco riuscita del lavoro, le disse scherzando: << Ah, Suor Teresa Margherita! Questi abitini sono davvero poco belli!… >> e la Santa, sorridendo: << Si, è vero che i miei abitini non sono belli; ma se ne serviranno un giorno per farne dono ai Cardinali >>. Parole che oggi, a più di un secolo e mezzo di distanza, si sono pienamente avverate: i suoi abitini, rispettati per sì lungo tempo dal tarlo e dalla tignola, furono offerti in dono, in occasione della Beatificazione, uno all’Em.mo Card. Verde Ponente della Causa, e l’altro all’Em.mo Card. Rossi ( Sua Eminenza il Card. Raffaello Carlo Rossi, alunno della Provincia Toscana, che fin dall'inizio della sua vita di Carmelitano Scalzo apprezzò e gustò il soave profumo del Piccolo Giglio di Firenze nel Santo Noviziato di Arcetri ove la salma incorotta della Santa aveva dimorato per molti anni. ). Fuori del suo caro Monastero, lontana da << quella casa di angeli >>, era però vicina alla sue buone Madri con l’anima, col cuore. Abbandonata al pensiero di un momento felice, in cui potrebbe dar compimento al suo olocausto d’amore, aspettava che venisse quel giorno in cui, vestita da Gesù delle insegne di Sua Sposa, l’anima sua resterebbe dolcemente assopita nelle ebbrezze della carità. 

FONTE: 
Padre Stanislao di Santa Teresa, dell’Ordine Teresiano dei Carmelitani Scalzi. Un Angelo del Carmelo, Santa Teresa Margherita Redi del Sacro Cuore di Gesù. 1934 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano