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martedì 22 novembre 2016

TERESA MARGHERITA REDI DEL SACRO CUORE DI GESU' MONACA CARMELITANA SCALZA ( TERESIANA ) SANTA *1747 +1770 - PARTE QUARTODICESIMA .




Teresa Margherita Redi 
 del Sacro Cuore di Gesù 
Monaca Carmelitana Scalza 
(Teresiana) 
 Santa 
 *1747 +1770 

Amare il prossimo significava per Suor Teresa Margherita sopportare i difetti, non scandalizzarsi delle sue debolezze, edificarsi anzi dei suoi piccoli atti di virtù. Sempre in moto per sollevare caritatevolmente le consorelle, specialmente le converse e le giovani di servizio, prendeva per sé le più gravi e vili fatiche, facendosi tutta a tutte, senza mai stancarsi. Quali parole non aveva per quelle religiose che avesse veduto dolenti o turbate per qualche dispiacere! Iddio l’aveva dotata di un’abilità sorprendente a consolare gli afflitti. Era così dolce ed affabile, sapeva così bene insinuarsi con le sue parole, che era impossibile occultarle anche la più segreta afflizione. Ciò bastava; perché come al primo spirare di primavera sorride una nuova vita e rifiorisce la speranza, così alle parole di quell’Angelo, ai suoi consigli, le anime afflitte ritornavano a sorridere e a godere quella pace, che solo si prova piegando il capo alla Volontà di Dio, anche quando il calice dell’umana ingratitudine amareggia il nostro labbro. 
Non lasciò mai d’amare tutti e di mostrare efficacemente la veracità del suo amore; e su tutto e su tutti si apriva il suo bel cuore e spandeva il fuoco della sua carità, l’incanto della sua mansuetudine, della sua dolcezza, confortatrice ineffabile nei dolori e negli affanni. Proprio 
amor pioveva dai Cieli 
sovra i suoi passi casti. 
( P. MANNI - Canto per i VII centenario di San Francesco d’Assisi ). E quelle buone religiose vedevano veramente in lei un angelo consolatore che le amava, ed oh! Con quanta tenerezza. Non aveva però accettazione di persone: si faceva tutta a tutti per guadagnare tutti a Cristo. Un giorno che, in tempo di ricreazione, udì alcune consorelle rammaricarsi perché uno dei cappellani del Monastero non era venuto a celebrare la Messa all’ora consueta, ne prese con buona maniera le difese e lo scusò, dicendo che bisognava compatirlo in quanto aveva da poco sofferto una grave malattia. Le sue parole ebbero un’eco potente sul cuore delle religiose che, affascinate dalle evidenti ed affettuosi ragioni della Serva di Dio, si acquietarono e convennero con lei che bisognava aver pazienza e sentir compassione di quel sacerdote. 
Nell’anno 1766, secondo del suo noviziato, intraprese le prove della religione una giovinetta che aspirava a vestire l’abito in qualità di conversa. Per una malattia sofferta, tramandava dalle narici esalazioni così nauseanti che, certo se le Monache se ne fossero avvedute, non l’avrebbero neppure ammessa alle prove del Monastero. Le fu assegnato nel Coro il posto accanto alla Santa la quale si accorse subito di quel cattivo odore e per tutto il tempo che quel difetto rimase occultò alle altre non dette cenno, non fece neppure un movimento che potesse in qualche modo rivelare quanto grande fosse il suo disgusto. E come avrebbe ella parlato, se sapeva bene il danno che con la parola poteva arrecare alla nuova consorella? Il suo era un cuore grande, un cuore che palpitava della carità di Gesù Cristo, e perciò avrebbe sofferto mille volte più volentieri un così insopportabile martirio piuttosto che vedere per causa sua espulsa dalla religione quella giovane. E quando, resosi palese questo difetto alle Monache, la Madre Anna Maria di Sant’Antonio da Padova le domandò se aveva notato quel cattivo odore e perché non l’avesse palesato, la Serva di Dio rispose semplicemente con queste parole: << Si pena tanto poco parlando a pregiudicare al prossimo, che ho creduto meglio lasciando il pensiero a Dio >>.Che bella risposta! << Quante belle virtù occorrono in questo fatto! - scrive Mons. Albergotti -. Ma l’anima che opera nella carità e per la carità non fa piccole azioni; questa divina virtù rende grande, perfetto, sublime, ciò che è in apparenza piccolo, ordinario, comune >>. 
Quando le religiose stabilirono di rimandare quella giovane e ne chiesero alla Serva di Dio il parere ella tacque: anzi, come attesta la Madre Anna Maria, fu allora che si propose di non parlare, se non per comando dell’obbedienza, anche in quelle cose in cui le fosse stato lecito. E questa sua ardente carità - ci dicono le memorie del Monastero - non solo si estendeva alle consorelle viventi, ma ancora a tutti i defunti, le anime dei quali sono trattenute dalla Giustizia Divina nel Purgatorio. 
Sappiamo per testimonianza della Madre Anna Maria ( Piccolomini ) che, ogni qual volta giungeva in Monastero la notizia della morte di qualche persona, Suor Teresa Margherita subito s’inginocchiava e recitava alcune preci di suffragio, esortando ogni religiosa in cui si fosse incontrata a fare lo stesso. 
Nei primi del 1768, essendo per ufficio partito da Firenze il Padre Colombino confessore ordinario del Monastero, la Serva di Dio si dette ogni premura presso la Madre Maestra perché le fosse concesso di porsi sotto la direzione immediata del Padre Ildefonso, del quale, come direttore straordinario, con le dovute licenze già s’era valsa fin dal suo ingresso in religione. L’ottenne; ed è degna di nota un’espressione uscita dalla sua bocca quando, interrogata da lui perché non volesse proseguire sotto la direzione dello stesso Colombino, che non sarebbe rimasto molto tempo assente, ella con umile soggezione rispose che, essendo Provinciale, nei giorni determinati in cui andava al Monastero doveva ascoltare tutte, e perciò non voleva, con sì poco fondamento che riconosceva in se stessa, essere cagione o di ritardo o di privazione alle altre della loro piena soddisfazione. E in tono compassionevole soggiunse: << E poi Dio sa se potrà egli molto tempo proseguire! >>. 
Queste ultime parole produssero una certa impressione nell’animo del Padre Ildefonso, ma per allora non ne fece gran caso. Chi avrebbe potuto prevedere il fatale avveramento che purtroppo avrebbero avuto dopo non molto tempo? Infatti il Padre Provinciale era di buona salute, assai robusto, e nel fiore della virilità; ma in quell’estate cominciò a deperire, e il Padre Ildefonso vide con la morte di quel santo religioso, avvenuta nel mese di Agosto, avverata la profezia della Serva di Dio. 
Quando questa notizia giunse al Monastero, quanta premura non si detta alla Santa di suffragare quell’anima! Non molto tempo dopo la sua professione aveva chiesto di prestare aiuto alle infermiere del Monastero, e la Madre Teresa Vittoria della Sacra Conversazione, priora, che conosceva bene quanto fosse ardente la sua carità verso le consorelle, aveva volentieri acconsentito, certa che avrebbe adempiuto tutto con ogni esattezza. Sembrava vederla la nostra Santa, quando verso la fine del 1767 dieci religiose erano allettate per forte influenza, passare dall’una all’altra, e con dolcezza, con mansuetudine, aiutarle nei bisogni, confortarle nei dolori, facendo aleggiare sopra di esse potente e soave il fuoco della sua carità. 
La sola sua presenza rallegrava quelle buone religiose che vedevano in lei un angelo consolatore che leniva i loro affanni e prodigava loro tutti quegli ossequi e servizi che sa adoperare la tenerezza più squisita d’una figlia amante. 
<< Essa era velocissima e diligentissima - si legge nei Processi Canonici -; ma senza mai la menoma incomposta concitazione: tale era la compassionevole e benigna affabilità unita ad una compostissima modestia, riverenza e rispetto, onde si diportava con le inferme, che sembrava proprio un angelo in carne, e come si espressero talune religiose, sembrava che non avrebbe potuto assistere con un contegno più dolce e raccolto, davanti al Santissimo Sacramento >>. 
Una delle prime a sperimentare quanto fosse intenso e sublime l’amore che divampava dal cuore di Suor Teresa Margherita, fu la Madre Teresa Maria di Gesù ( Guadagni ) già sua Maestra, la quale, ridotta ormai all’impotenza, aveva bisogno di aiuto quasi in tutto; l’età inoltrata, le gravi infermità, la rendevano quasi esigente. La Santa, per darle sollievo, ridiceva con essa l’intero uffizio prendeva parte alle sue lunghe orazioni, la contentava in tutto. Ma questa Madre, mossa da un sentimento segreto - lo confessò ella stessa -, dimostrava durezza verso la Serva di Dio, la sgridava e riprendeva alle più piccole occasioni. Eppure Suor Teresa Margherita si mantenne sempre la stessa, umile, dolce e mansueta, anzi sempre più affettuosa verso colei che le era stata Maestra, cercando di renderle meno noioso lo stato in cui era ridotta. Essa fu davvero sempre << un piccolo agnello senza fiele e senza risentimento >>. ( Così era solito chiamarla il Padre Giovanni Colombino Provinciale e il Can. Tonci << la santa colombina >> oppure << l’agnellino di Gesù >> ). 
Nel medesimo modo si comportò con la Madre Maria Maddalena di Gesù: di questa religiosa assai sofferente per alcune piaghe che la tormentavano di continuo, ella aveva maggior compassione, e la curava con tenerezza filiale, fino ad essere per lei come una serva sempre pronta, sempre disposta a tutto, sempre con le braccia e col cuore aperto per soccorrerla e consolarla. Questa Madre era di un naturale così dolce e benigno, che si commoveva facilmente a quelle diligenti ed affettuose attenzioni dell’infermiera; pure, sapendo quanto fosse cara alla Santa la mortificazione, facendo forza a se medesima, come dipoi attestò, la sgridava e si mostrava malcontenta di lei di ogni cosa. Ma tanto più duri erano i trattamenti, altrettanto più grande era la costanza dell’invincibile carità di Suor Teresa Margherita: da ciò questa Madre prendeva motivo di mostrarsi sempre più infastidita di lei, come se la tenesse per noiosa ed importuna. Si dava forse vinta per questo la Serva di Dio? Tutt’altro! Prendeva invece forza maggiore per esercitare con vero entusiasmo d’amore la sua assistenza all’inferma; aveva nel suo cuore la carità di Cristo, e perciò metteva maggiore studio nell’operare sempre più in conformità dello Spirito del Signore, il quale è tutto amore e compatimento. 
Non contenta per la sua insaziabile carità di assistere queste due inferme, chiese ed ottenne di servire un’altra religiosa ottuagenaria, la Madre Teresa Vittoria della Sacra Conversazione ( Malaspina ), ex priora, la quale storpia e contratta della persona, eppure zelantissima della regolare osservanza, non voleva mancare agli atti comuni. Al termine del mattutino, cioè un’ora e mezza incirca avanti la mezzanotte, l’accompagnava lentamente alla cella, l’accomodava nel letto; e nell’inverno mentre le lasciava con che riscaldarsi, si ritirava in un coretto a fare orazione sino a tanto che si fosse ben riscaldata; diminuendo così per sé il tempo già tanto ristretto del riposo. ( Questa Madre depose che la Serva di Dio era solita ogni sera, nel licenziarsi da lei, baciarle i piedi e che lo stesso faceva con le altre inferme ). 
L’inferma stessa non finiva mai di raccontare e di encomiare la grande pazienza e diligenza praticata dalla sua infermiera. Il Signore, che tanto si compiace della carità fraterna, più volte operò fatti prodigiosi per mezzo della Sua Serva. Nel 1769, essendosi gravemente ammalata la Madre Maddalena Teresa di San Francesco di Sales ( Vecchietti ), di una fistola a una gladula lacrimale bisognò farle operazione, ma non provava alcun miglioramento e non trovava riposo né giorno né notte. La Serva di Dio che l’assisteva, sentiva straziarsi il cuore a quella vista e un giorno, tratta di sotto lo scapolare una piccola immagine su cartapecora, rappresentate la Beata Vergine del Buon Consiglio: << Ho pena - disse - che abbia a patire; ma basta che abbia fede >>. E così dicendo , segnò con questa l’inferma, la quale sentì subito calmare lo spasimo, ed in pochi giorni restò del tutto sana. Altre religiose deposero che, trovandosi esse medesime inferme o indisposte, quando la Serva di Dio faceva loro delle carezze oppure le ungeva con olio la lampada che ardeva davanti a un’immagine di Maria Santissima ( Questa della Madonna del << Patrocinio >> dipinta sul legno, fu regalata al Monastero della Serenissima Gran Duchessa di Toscana Vittoria della Rovere, che a sua volta l’ebbe in dono da alcuni cavalieri che, navigando sul Tirreno, mentre il mare era tutto calmo e tranquillo, videro che in un certo punto si accavallavano delle onde. Avvicinandosi per vedere di che si trattava, scorsero fra i cavalloni quella cara immagine della Madonna che certamente gli eretici avevano gettata in mare, dopo averne sfigurato e deturpato il sacro volto. L’Immagine fu raccolta con somma venerazione e portata in dono come si è detto alla Serenissima Granduchessa Vittoria che, tutta premura onde fosse maggiormente venerata, la regalò alle nostre religiose, le quali la ricevettero come un dono dal cielo ( 1640 - 1650 ). Il piccolo quadro fu racchiuso in una bella cornice, sormontata da un’insigne reliquia ( autenticata ) del velo della SS. Vergine, e collocata su un altarino in vicinanza del Coro. Oggi sta presso l’urna della Santa ), si sentivano come alleggerire dal loro male e molte volte si vedevano ristabilire all’istante. 
Si era ammalata gravemente Suor Teresa Maria della SS. Concezione ( Ricasoli ), sua connovizia, le si era formato un tumore interno che da parecchi mesi le dava ardentissime febbri. I sacerdote Giuseppe Domenico Ferretti, richiesto dalla Madre Priora, aveva portato al Monastero un’immagine miracolosa del patriarca San Giuseppe ( Quest’immagine il Ferretti l’aveva avuto in dono dal R. P. Emanuele da Toledo, religioso del convento dell’Ambrogiana presso Firenze. E’ di carta stampata in nero, e nonostante che il Padre Emanuele la lavasse ripetutamente nell’acqua, come se fosse una stoffa, rimase sempre prodigiosamente intatta, senza patirne nessun detrimento. A questa cara immagine la Santa affidava con fiducia i bisogni delle religiose e della sua famiglia ). 
La Comunità cominciò un triduo, e la Serva di Dio non si stancò mai in quel tempo di eccitare alla fede la malata. Nel terzo giorno, dopo averla assicurata che, se avesse avuto fede, il gran Patriarca le avrebbe fatto la grazia, la pregò ad ungersi con l’olio della lampada che ardeva davanti all’immagine e, senz’altri medicamenti, Suor Teresa Maria si trovò del tutto sana. Era opinione comune nel Monastero che ogni qual volta la Serva di Dio assistette qualche inferma, questa ne avrebbe risentito sempre, se non la propria guarigione, almeno un particolare sollievo corporale e spirituale. Per le sue malate si sarebbe gettata, come suol dorsi, nel fuoco. Sembrava che leggesse nel cuore, giacchè le cose dette da lei senza studio e come per caso penetravano nell’intimo del loro animo, e toccavano al vivo il bisogno maggiore ed attuale che esse avevano, come indicibile tenerezza riferirono più volte alcune di esse. 
Per essere pronta ai loro bisogni dimenticava il riposo e perfino il cibo; la cura e l’assistenza delle inferme andava avanti anche ai suoi esercizi particolari di pietà. Anzi, non aveva scrupolo di passare, anche senza un momento di raccoglimento, dal letto delle inferme alla Sacra Mensa; e un giorno che la sopraddetta Suor Teresa Maria ne mostrò meraviglia, rispose umilmente di non avere a questo riguardo scrupolo alcuno, perché credeva che anche quell’esercizio fosse buona preparazione a ricevere quel Divin Sacramento. << La mattina della sua ultima o penultima Comunione - così questa religiosa - trovandosi essa nella mia cella, giacchè io stavo inferma, l’importunai acciò andasse a Coro, poiché non vi erano che pochi minuti a ricevere Gesù. Con molta piacevolezza mi rispose: “ Stia pur quieta, sorella, che nel trattenermi qui punto vi patisco; anzi credo che questa possa essere la migliore preparazione qualora io sapessi ben compiere questo mio dovere: l’obbedienza ora mi vuole piuttosto nella sua cella che in Coro; e Iddio non è ristretto, né a tempo, né a luogo ”. questo era il suo quotidiano modo di pensare >>. 
Aveva appena venti anni di età, e l’amore del prossimo le faceva parere dolci le fatiche che incontrava nell’ufficio tanto difficile e delicato d’infermiera. Iddio stesso, con i prodigi operati, le aveva fatto conoscere quanto gli fosse grata la sua carità verso le consorelle. Ma, come sempre avviene ai santi, nel suo cuore era nata una lotta terribile fra la sua umiltà e il desiderio grande di fare il bene. Anzi, questa lotta diveniva ogni giorno più forte: era come due forze che non si elidevano, ma crescevano sempre contrastando fra loro. Mentre aumentava in lei sempre più questo spirito di ardente carità, altrettanto aumentava il sentimento del proprio nulla, per la sproporzione che le appariva grande fra la propria indegnità e l’eccellenza dei doni con cui Dio premiava il suo disinteressato amore verso le consorelle. Ed una volta che Suor Maria Vittoria della SS. Trinità ( Martini ), in tempo della ricreazione, entrò a parlare del bacio ricevuto dalla Santa quando ambedue erano novizie, Suor Teresa Margherita divenne rossa, e chiese licenza alla Madre Priora di ritirarsi, non potendo la sua umiltà più reggere a quelle lodi che erano di martirio al suo cuore. 
La sua indegnità e le sue grazie con cui Dio l’esaltavano le erano sempre davanti ad atterrirla: la sua modestia non poteva più nascondere le meraviglie di Dio. E forse i suoi caritatevoli uffici avrebbero anche ceduto alla sua umiltà, se non avesse abbracciato il migliore di mezzi, che è appunto quello che l’umiltà esige, il consiglio del proprio Confessore. In tal modo la bontà effusiva del suo cuore potè, senza timori, esercitarsi sempre più in vantaggio delle inferme. La sua presenza al letto di esse era veramente come quella di un angelo. E se qualche volta alcuna di quelle religiose si provava a manifestare la propria gratitudine con parole o atti che sapevano di tenerezza spontanea, ella rispondeva di non far nulla più del suo dovere, essendo la cura degli infermi tanto raccomandata dalle nostre sante leggi e molto più della Santa Madre Teresa e del Santo Padre Giovanni della Croce. 
La nota dominante e caratteristica di lei fu dunque la carità, l’ampiezza sconfinata del cuore che, quasi fiamma sublime, brillò ancor più soave nell’assistere una consorella demente. La cura dell’inferma fu affidata alla Madre Maddalena Teresa di San Francesco di Sales, e la Santa chiese di aiutarla. Stando a lavorare in una cella accanto al guardaroba, al cui servizio era addetta la Madre Maddalena, quando nel mezzo del giorno l’udiva prestare l’ufficio alla demente, subito le correva incontro; e, allegramente e con buona maniera, la pregava a concedere di lasciare a lei quell’incarico. Molte volte le toglieva la scopa di mano e spazzava la stanza della povera inferma, pregando quella buona Madre di andare a riposo, dicendo che avrebbe pensato a tutto lei, essendone di sollievo il lavoro. << Ogni mattina dopo il pranzo - depose la Madre Maddalena Teresa - la Serva di Dio veniva all’uscio della cucina ed umilmente mi diceva essere pronta ai miei cenni, e perchè alle volte mi prendevo piacere di contrastarle l’ingresso, e allora stava in atto di chiedere l’elemosina guardandomi con occhio compassionevole fintanto non le dicevo che entrasse. Ringraziandomi allora come se le avessi fatto un qualche gran regalo, prendeva il desinare e lo portava all’inferma impiegando non meno di quasi due ore di tempo che erano necessarie in servirla, sacrificando così ogni divertimento che in quel tempo di ricreazione avrebbe potuto godere >>. 
La malata, che del resto era stata un’ottima religiosa, prese ben presto avversione alla Serva di Dio; al solo al vederla dava in furore, e molte volte la percuoteva. Provava un’avidità così violenta di mangiare e voler tutto quello che i medici le avevano proibito, che guai! Se non fosse stata contentata. La Madre Priora ordinò pertanto di non somministrarle che il prescritto dai medici. Di qui nasceva che la demente, non vedendosi apprestare la vivanda che aveva detto di volere, si rivolgeva con impeti brutali di colera contro l’infermiera e le si avventava contro. E siccome la Madre Maddalena, essendo di naturale dolce e condiscendente, compiaceva la povera malata, questa maggiormente si adirava con la Serva di Dio. Quanto più Suor Teresa Margherita cercava farle del bene, tanto più essa le si slanciava contro con ingiurie e con feroci insulti. Ma la Santa udiva e sopportava tutto con indicibile pazienza; con dolcissima tranquillità e compostezza di animo proseguiva a trattarla ugualmente, benevola come prima ed anche più se avesse potuto. Il suo cuore grande era tutto premuroso per lei; e mai si lagnò né pregò la Superiora a dispensarla da un ufficio così gravoso. Anzi, se qualche religiosa accennava alla stranezza della demente e alla tribolazione che arrecava alla Comunità, essa la scusava e difendeva, cosicchè era comunemente chiamata la patrona di Suor Teresa Luisa, che tale era il nome dell’infelice. 
Ad una religiosa che per tentarla - così nelle deposizioni - le suggerì di sottrarsi a quell’ufficio che le arrecava tante noie e tante amarezze, rispose risoluta che non l’avrebbe mai fatto, essendole stato dato quell’ufficio dall’obbedienza. Anzi, una volta che ne fu esclusa, supplicò umilmente di esservi riammessa a ricevè la licenza di poter tornare a servire la consorella come una grazia delle più segnalate. Il fatto andò così: mentre un giorno Suor Teresa Margherita se ne stava nella cella dell’inferma, passando di lì una giovane addetta al servizio del Monastero e vedendo l’uscio dell’infermeria aperto, lo chiuse a chiave; sicchè Suor Teresa Margherita non sarebbe potuto uscire finchè non fosse venuta qualche religiosa ad aprire. Era suonato il campanello del ritiro pomeridiano, e la Santa, per non picchiare alla porta e disturbare le altre, vi rimase chiusa fino all’ora del Vespro. Quando la Madre Maria Maddalena Teresa se ne avvide, inorridì al pensiero del pericolo a cui era andata incontro, la rimproverò della poco prudenza, e disse non volerla più in suo aiuto. Non si scusò; sapeva di essere innocente; ma tacendo il fatto per risparmiare una sgridata alla giovane che inavvertitamente ve l’aveva chiusa, con umiltà ricevè quella privazione. Se non che di lì a non molto si presentò alla suddetta Madre, e furono così fervide le sue istanze, che venne riammessa a prestare le sue cure d’infermiera alla povera demente. E quando, un’altra volta, una giovane addetta al servizio del Monastero si trovò presente ai maltrattamenti e alle percosse con cui l’infelice religiosa ricambiava l’eroica carità della Serva di Dio, unico pensiero di quell’Angelo fu di andare a trovarla e di pregarla, con le più forti ragioni, a non rivelare ad alcuno l’accaduto. Puntualmente diligente nell’adempire i suoi uffici, altrettanto era accorta di non mai intromettersi nelle cose che non le spettavano. Interrogata in occasioni delicate per cose che riguardavano il Monastero stesso, aveva risposto con dolce affabilità di aver letto in un libretto il seguente insegnamento: << Chi in tutto tace, in tutto trova pace >>; e disvelava il segreto della sua quiete in Dio con questo suo motto preferito: << Chi vuol pace, vede, soffre e tace >>. Parole preziose che rivelano quanto poco ella si curasse di ciò che accadeva nel Monastero, lieta di vivere in Dio, anche in mezzo alle occupazioni che più distraggono, sospirando un’intimità sempre crescente di effusine, d’amore. 
E Dio si compiacque di ricompensarla con altri doni straordinari, con i quali avesse più agio di meglio esercitare la sua carità verso le consorelle. 
La Madre Suor Teresa Maria della SS. Concezione, sua connovizia, si trovava a letto soggetta a fierissime convulsioni. Un giorno in cui stava molto meglio, Suor Teresa Margherita scese in Coro alla comune orazione mentale. Mentre era intenta nella contemplazioni delle cose celesti, a un tratto si sentì come spinta da interna ispirazione a tornare a rivedere l’inferma. Ella, che non era solito partirsi mai dall’orazione né dagli altri atti comuni senza un assoluto motivo di necessità o un espresso comando dell’obbedienza, credendo che quella fosse una tentazione o un effetto della sua naturale premura, volle vincersi e cercò proseguire la sua meditazione. Non potè; Dio, illustrando la mente della sua Serva, le fece conoscere che in quel momento la malata aveva bisogno del suo aiuto. Si alzò risoluta, e, con la debita licenza, corse dall’inferma che la trovò priva di sensi, in preda a uno dei soliti parossismi. Questo fatto fu raccontato dalla stessa Santa al suo Confessore, quando, nei suoi spirituali trattenimenti, gli domandò se nell’esentarsi da quell’atto comune del Coro vi fosse stato qualche difetto di perfezione; tanta era stata la premura di vivere sempre in piena conformità alle leggi professate. 
Già da molto tempo era ammalata la Madre Adelaide della Croce ( da Verrazzano - sorella del Servo di Dio Padre Giovanni Maria di Gesù, morto in concetto di santo nel nostro Convento di San Paolino il 17 Settembre 1769, in età di 74 anni. Il suo corpo riposa nella Cappella dei terziari dello stesso Convento ) che, per languidezza e sfinimento senile, era ridotta al termine dei suoi giorni. Con quante cure la Serva di Dio provvedesse ai bisogni di questa buona religiosa è impossibile descriverlo. La rassegnazione con cui l’inferma sopportava i suoi dolori, quella pazienza inalterabile, quella serenità propria delle anime amanti di Dio e che le si leggeva nel volto, avevano per la nostra infermiera qualche cosa di soprannaturale, di divino. Queste due anime sembravano proprio fatte per intendersi, innamorate com’erano della divina bellezza. Suor Teresa Margherita aveva per l’inferma parole ardenti d’amore di Dio; le suggeriva che la morte era un preludio alle gioie e all’innocenza dell’eternità e reputava felice lei che presto sarebbe volata alle nozze dell’Agnello! E’ proprio vero, secondo il detto di San Paolo, che la morte viene dai Santi considerata il più grande beneficio della vita ( Philip. I, 21. ). 
E la malata sorrideva alla sua cara infermiera, l’avrebbe voluta sempre a suo letto; e fu osservato che, anche quando la Santa si trovava nelle stanze più remote del Monastero, da dove era impossibile udire, bastava che la Madre Teresa Adelaide avesse con debole sua voce pronunziato il nome di Suor Teresa Margherita, che questa accorreva subito, la consolava e le somministrava tutto quanto le occorreva. Ed ella a sua volta la povera malata, affetta da grave sordità, udiva senza l’aiuto d’alcuno strumento la voce della caritatevole infermiera. 
Il Padre Ildefonso di San Luigi Gonzaga, trovandosi ad assistere questa buona Madre, fi spettatore di questo prodigio. Appena la morente pronunziò il nome di Suor Teresa Margherita, questa era in un’altra cella, accorse subito. Restò meravigliato il Padre che, chiamata dall’inferma con voce tanto tenue e che egli stesso non avrebbe neppure percepito se non gliel’avessero fatto notare le religiose, Suor Teresa Margherita fosse subito accorsa con tanta prontezza. Egli uscì allora di cella perché ella potesse più liberamente esercitare il suo ufficio, e restò inosservato presso la porta, << da dove fu spettatore fortunatissimo delle grandezze di Dio nella sua figlia spirituale >>. Udì che, dopo aver pregato Suor Teresa Margherita a tirarla sopra i guanciali, e dopo che le fu prestato questo caritatevole ufficio, la moribonda con appena con un filo di voce: << La ringrazio - le disse - mi ha veramente accomodato bene; ora mi dica qualche cosa di Gesù >>. E la Santa con voce ancor più dimessa, per non essere udita dal Confessore che credeva fosse nella stanza vicina, suggerì all’infermiera atti così fervorosi di fede, di pazienza e di rassegnazione, e particolarmente poi di speranza e di amore di Dio, con tale e tanta espressione, che il Padre ne fu commosso e ne pianse di tenerezza. E quale non fu la sua meraviglia quando, in ultimo, l’udì sussurrarle con celeste fervore: << Madre, quando sarà in Paradiso, si ricordi per amor di Gesù della promessa che mi ha fatto! >>. Quale promessa poteva averle fatto la moribonda? Che cosa poteva ottenerle al suo ingresso in Paradiso se non di essere chiamata presto anch’essa ai dolci amplessi di Dio? Le anime amanti di Gesù sono impazienti al pari di Lui di << consumarsi nell’unità >>. ( San Giovanni, XVII, 23 ). 
Era questo il suo desiderio ardente: morir presto per essere sempre con Cristo. Frattanto il Confessore, dopo essere sempre testimone di ciò che tante volte gli avevano riferito le religiose, si era ritirato con esse ad una certa distanza, perché, uscendo la Santa fuori di cella, non potesse supporre d’essere stata udita. E quelle buone Madri, piene di contentezza, rivolte al Padre Ildefonso: << Ha udito Padre - dicevano - la nostra Suor Teresa Margherita? >>. E gli spiegarono qual fosse la promessa fatta dall’inferma, e con quante istanze, come aveva detto loro ella medesima, l’avesse pregata d’impetrarle dal Signore << di andare presto anch’essa ad amarlo senza fine >>. Il giorno in cui avrebbe consumato il suo olocausto d’amore non era infatti lontano. 
( La Santa sopravisse cinque mesi ). 

FONTE: Padre Stanislao di Santa Teresa, dell’Ordine Teresiano dei Carmelitani Scalzi. Un Angelo del Carmelo, Santa Teresa Margherita Redi del Sacro Cuore di Gesù. 1934. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano

venerdì 11 novembre 2016

TERESA MARGHERITA REDI DEL SACRO CUORE DI GESU' - MONACA CARMELITANA SCALZA ( TERESIANA ) SANTA *1747 +1770 - PARTE TREDICESIMA.




Teresa Margherita Redi 
del Sacro Cuore di Gesù 
Monaca Carmelitana Scalza 
(Teresiana) 
Santa 
*1747 +1770 

Il 12 Marzo 1766 Suor Teresa margherita pronunziava i suoi voti ( Testo della professione della Santa. - Io Suor Teresa margherita del Cuore di Gesù faccio la mia Professione, e prometto Obbedienza, Castità e Povertà a Dio Nostro Signore e alla Gloriosa Vergine Maria del Monte Carmelo ed al R.mo Padre Fra Filippo di San Francesco, Preposito Generale della Congregazione di S. Elia della Madonna SS.ma del Carmine, ed ai suoi successori secondo la Regola primitiva di detto Ordine, quale e senza mitigazione, sino alla morte. Inoltre prometto di non procurare dirette né indirette per me, né per interposita persona, di essere superiora. 
SUOR TERESA MARGHERITA MARIA ANNA DEL CUORE DI GESU’ - SUOR TERESA VITTORIA DELLA SS.MA CONVERSAZIONE, Priora - SUOR MARIA TERESA ADELAIDE DELLA CROCE, Clavaria - SUOR MARIA MADDALENA, Clavaria ) nelle mani della Madre Teresa Vittoria della Sacra Conversazione ( Malaspina ) nuove Priora eletta il 4 Febbraio dello stesso anno. 
<< Nel momento della sua Professione - si legge nelle memorie di allora - sembrava trasformata in un Serafino; e fu tale e tanta la dolcissima impressione che il suo contegno esteriore fece nelle circostanti sorelle che, ammirate ed intenerite, non poterono trattenere il pianto >>. Per meglio effondere la sua riconoscenza al Signore, chiese ed ottenne di passare la giornata in completo ritiro. Gelosa come sempre di quel nascondimento che doveva essere uno dei tratti caratteristici della sua santità, non svelò ad alcuno le grazie di quel giorno memorando, che pur devono essere stati grandi ( Che sia così si rivela anche da due lettere del Cav. Ignazio in risposta a quelle confidenziali inviategli dalla figlia. La prima, in data del 6 Marzo 1776 dice: << Iddio vi assista al grande atto cui veggo che anche anticipatamente Egli vi ricompensa >> la seconda, del 20 Marzo dello stesso anno: << Mi sono al più alto segno consolato con la Professione da voi fatta con le circostanze che mi divisate e spero per sempre più godrete delle Divine Misericordie >>). Ma certo, rialzandomi da quell’altare ai piè del quale aveva giurato a Gesù di seguirlo fino al Calvario, avrà ripetuto col suo Santo Padre Giovanni della Croce: 
 << Non curo altro né penso 
Che d’arder tutta in quell’amore immenso! >>. 
L’amore di Gesù! Ecco, come dicemmo altrove, tutta la vita della carmelitana; ecco il segreto del suo apostolato nascosto, ma così facendo; ecco la sorgente di quella gioia che brilla sul volto delle figlie di Santa Teresa anche in mezzo alle più dolorose immolazioni. E Suor Teresa Margherita, nello studio assiduo delle opere della sua Santa Madre e del suo Santo Padre, aveva intraveduti gli orrizzonti luminosi e infiniti di questa vita d’amore, a cui doveva tendere con tutte le energie della sua anima verginale. La sacra Velazione, che avvenne il 7 Aprile dello stesso anno, fu come l’ala protettrice del Signore, sotto la quale ella si raccoglieva sicura per essere sempre di Lui. L’unione era ormai completa. Lo spirito che la dovrà ispirare in tutto, non sarà d’ora innanzi che quello stesso che ispirato Gesù ad eleggerla Sua Sposa. Egli l’ha eletta per amore, per eccesso d’amore, dunque l’amore sarà il suo spirito, sarà come la base di tutta la sua vita; non sarà pago il suo cuore, finchè non si sarà tutto consumato nell’amore. E i fatti cominciò subito a mostrare tale raccoglimento da edificare quanti la miravano. Dopo la Professione, le giovani religiose rimangono ancora in Noviziato due anni per meglio, formarsi, sotto la direzione della Maestra, alle monastiche discipline e allo spirito del Carmelo. Suor Teresa Margherita, avida di soggezione e di umiltà, vi rimase anche il terzo anno, e continuò ad essere la più docile e sottomessa delle novizie, esercitandosi negli uffici minori della comunità. Essa era sollecita ed esattissima - ci dicono le memorie del Monastero - e disimpegnava le sue incombenze col miglior garbo del mondo; ma insieme sapeva, senza affettazioni, circondarsi di non so qual velo d’umiltà che en nascondeva il finissimo accorgimento. 
Sottomessa a tutte, da tutte volentieri riceveva suggerimenti e ammonizioni, anche dalle converse che, o per ignoranza o incoraggiante dall’umile contegno della Serva di Dio, la trattavano con una certa qual libertà. 
Fu in quest’anno 1766, dopo la sua Professione, che ella - come attesta la Madre Teresa Maria della SS. Concezione ( Ricasoli ) - << si diede di proposito alla pratica ed esercizio della Divina presenza, conforme appariva dal suo operoso operare. Apprese il modo di riformare le potenze dell’anima circa gli atti di queste, perché venga ad unirsi con Dio, da un libro intitolato “ La Riforma dell’uomo ”; a questo fine erano indirizzate le sue mire; i suoi discorsi privati e le sfide spirituali che frequentemente faceva con le compagne. Si privava d’ogni propria soddisfazione sebbene la più innocente, come nel mirare, nell’udire e parlare, sebbene spesso la trovavano che lavorava ( in cella ) con la finestra socchiusa con tano solo di luce quanto richiedeva la più rigida necessità; teneva sempre un libro aperto avanti agli occhi ed il suo tavolino era sempre ben fiorito di stampe rappresentanti la Passione di Nostro Signore >>. 
Spesse volte trovandosi sola con la Madre Maestra, con umiltà e a bassa voce le diceva: << Si ricordi che io sono la sua novizia, e che ella è la mia Madre Maestra: ciò non mi sia piacevole, ma si corregga e mi mortifichi >>. Abbiamo già detto in qual conto tenesse gli avvisi e le correzioni della Superiora, e come ella si considerasse la sola imperfetta e colpevole del Monastero. Questa sincera convinzione della propria inferiorità le infondeva nell’animo un vivo desiderio di servire a tutte e una santa alacrità nel sollevare caritatevolmente le consorelle. Per compiacerla le venne affidato, oltre gli uffici di robiera bianca, che consisteva nell’aver cura della biancheria ad uso delle Religiose, e di aiuto sagrestana, che esercitava fino dal mese di Maggio, quello di sagrestana San Paolino; doveva cioè pensare a tutto ciò che occorreva alla conservazione della biancheria e dei parati di quella Chiesa; e nel Maggio seguente 1767, l’altro di sagrestana della Chiesa del Monastero. Con quale diligenza attendesse a queste nuove occupazioni ciascun può immaginare. Andava spesso a rivedere la lampada, e nello stesso tempo non tralasciava mai una visita e un affettuoso saluto al SS. Sacramento. 
Il suo amore per Gesù le suggerì il modo di passare presso il Santo Tabernacolo anche quel tempo in cui, nell’estate, le religiose sogliono alquanto riposarsi. Fu trovata più volte, in una stanza attigua al Coro, seduta sopra un piccolo panchetto di legno e col capo appoggiato sopra una pietra. E altre volte prendeva qual po’ di riposo seduta su di una scaletta di legno, che era nello stanzino degli attrezzi necessari al servizio della Chiesa. E tutto questo per essere più vicina a Gesù. Non paga di ciò che faceva per corrispondere all’amore di Dio, cercava tutti i mezzi perché fosse da tutti amato. Le sembrava poi impossibile che nel mondo vi potessero essere persone che offendono questo nostro buon Padre; onde, quando alle preghiere della Comunità venivano raccomandate persone traviate, prorompeva in sospiri e diceva alle religiose: << E’ mai possibile che nel mondo vi siano tante offese di Dio! Che si facciano questi mali! >>. E, dicendo così, gli occhi le brillavano di lacrime. 
Era tanto ardente il suo zelo per trovare anime che amassero Dio, che un giorno, leggendo insieme a Suor Teresa Crocifissa di Gesù la vita della Venerabile Suor Maria Angelica Azzi Cappuccina, non fu contenta finchè l’altra non le ebbe promesso di fare a gara con lei nel santo amore di Dio. Essa stessa trovò il mezzo di tener sempre viva nella memoria questa promessa. Ad esempio di quella Venerabile Serva di Dio, stabilì che a vicenda di settimane dovesse ciascuna applicare tutte le azioni dell’altra, per supplire a tutti gli oltraggi di almeno cinque peccatori, e in suffragio di cinque anime del Purgatorio. << Mi stava sempre alle costole - ci lasciò scritto Suor Teresa Crocifissa - poiché avrebbe voluto che fossi stata un Serafino d’Amore e piena di virtù come era lei. Accadde che, nell’essere io stata ripresa con severità dai Superiori in occasione di visita, in presenza a tutta la Comunità, me ne accorai a tal segno, che la mia umanità soffrì molto. Suor Teresa Margherita sopraggiunse nel tempo che io stavo in una stanza del Convento sola, tutta smaniante ed afflitta. Mi disse: << Ora è il tempo di accumulare meriti per la beata eternità, con fare a Gesù un’offerta del dispiacere avuto e farne un mazzetto per offrirglielo e non ci pensare mai più, scusando e perdonando tutti e prendendo questa mortificazione in penitenza di tutte quelle trasgressioni che si sono fatte in religione >>. 
Per non mancare al silenzio, scriveva spesso sopra alcuni pezzi di carta tutto ciò che bramava dire alla sua compagna; e quando la incontrava nei corridoi del Monastero, le consegnava quelle letterine tutte piene di umiltà e dello zelo più ardente per l’amore di Dio. Questi foglietti si conservano ancora in Monastero e sono una prova perenne della bellezza di quell’anima tanto ricca delle più elette virtù. 
Un giorno venne a trovarla il padre col fratellino Saverio. Fece loro grande accoglienza, specialmente al fratello che ella, vedendolo più intimamente unito a Dio, amava a preferenza degli altri, e per il quale già aveva chiesto ed ottenuto la grazia della vocazione allo stato ecclesiastico. Avendole questi domandato, prima di lasciarla, se non le dispiacesse di non vedere più il padre che era stato sempre sì caro, con la maggiore disinvoltura rispose: << Dopo che ne feci un sacrificio a Dio, vuoi che io gli ritolga il dono? >>. Ed infatti, essendo il padre alla grata vicina a parlare con la Madre Priora, andò subito là, s’inginocchiò, gli chiese la Benedizione, e poi gli disse: << Addio mio caro padre; faccia buon viaggio! >>. Interrogata perché amasse più il padre della madre, rispose che lo amava di più << perché lo vedeva più di Dio, e più consapevole alla sua massima, e perché la trattava con maggior confidenza >>. Ma una volta il Cav. Ignazio, prima di licenziarsi da lei, la chiamò col nome che portava al secolo, Anna Maria, senza rispetto umano, gli fece una gentile correzione e disse: << Ah! Padre mio; io non sono più Anna Maria, ma Suor Teresa del Sacro Cuore di Gesù >>. Questo fatto lo raccontava spesso il Cav. Ignazio Redi e, sorridendo, diceva che col suo angelo bisognava pesare tutte le parole. 
Il Padre Ildefonso, Confessore della Santa, dopo aver descritto la condotta che ella menò durante il santo Noviziato, ci lasciò questa bella testimonianza: << Traeva in tutto al sublime e al perfetto, dolente e mesta solo se i voli del suo spirito, per fare alcun atto interno ed esterno, non l’avessero portata fino a quel segno di perfezione che ella si era posto in cuore. Questo mi è sembrato il suo continuo lavoro interno, questo il suo segreto e nascosto martirio, questa la materia dei suoi continui esami tanto nella vita privata quanto nei vari uffici che ebbe nella religione, specialmente in quelli di sagrestana e di infermiera >>. Sapendo che la legge la quale rende santa una religiosa è la Regola professata, osservò sempre con la massima perfezione non solo ciò che comandano la Regola e le Costituzioni, ma perfino ogni minima lodevole e virtuosa costumanza del Monastero. Nonostante le tante e continue sue occupazioni di obbedienza e carità, non tralasciò mai d’intervenire e di assistere a tutti gli atti comuni e specialmente al Coro, se non per espresso comando della Superiora. Anzi, nei primi tempi, cogliendola facilmente il sonno, e specialmente, quando, essendo infermiera, era costretta ad andare a riposo una o due ore dopo le altre, si raccomandava tanto alla svegliatrice perché la chiamasse per tempo, che, nonostante riposasse pochissimo, pure la mattina era sempre la prima in Coro, come se nulla avesse fatto il giorno avanti. Questa sua prontezza e diligenza nell’adempire i propri obblighi giovava molto ad un altro suo fine: a tenersi cioè sempre quanto più potesse lontana da quelle esenzioni e dispense, che i Superiori sogliono dare secondo la necessità e fatiche particolari di ciascuno. Quindi ogni volta che si trovava debole di forze, e non era in perfetto stato di salute, lo simulava con abile destrezza, affinchè non accorgendosene la Superiora e le altre religiose, non la rendessero esente da qualche comune osservanza. 
Palesò al suo Confessore, per ottenerne l’approvazione, il fermo proposito da lei fatto nel giorno della sua vestizione, di volere usare tutti i modi possibili di seguitare le osservanze comuni senza alcuna esenzione, finchè le forze naturali e l’obbedienza le avessero in qual modo permesso di stare in piedi; e ciò per imitare tante altre Serve di Dio che nel Carmelo usarono tutti i mezzi e fecero tanti sacrifici per essere sempre presenti agli atti della Comunità. 
In quanto all’osservanza regolare aveva sentimenti sì alti ed eroici, quali si leggono nei primi istitutori degli Ordini Religiosi. Diceva di essere obbligata anche per la minima osservanza e che sarebbe stata pronta per questa a dare anche tutto il suo sangue e la vita, perché credeva che l’obbligo della professione religiosa si stendesse anche a questo e che nessuno professa veramente un istituto di vita, se non ne comprende tutte quante le più piccole parti. Quindi soggiungeva che tanti dei secolari stessi, per motivi temporali, possono in ciò servire d’esempio ai religiosi; specialmente quelli che per puro onore, servendo ai principi di questa terra, non guardano a qualunque disagio per essere inappuntabili anche nelle più piccole incombenze. 
Un giorno, nel tempo in cui la Comunità si doveva spazzare il Monastero, venne al parlatorio una nobile giovane già accettata per religiosa corista. Invitata Suor Teresa Margherita da una consorella a portarsi alla grata per congratularsi con la nuova postulante, non volle in nessun modo desistere dal suo ufficio e con buona maniera rispose: << Dalla Sposa posso andare un’altra volta senza che vi sia alcuna perdita; ma se lascio quest’obbligo d’osservanza, non ho più maniera d’adempierlo >>. Due fanciulle, le signorine Ugolini, che si trovavano in Monastero per prepararsi alla Prima Comunione, tentarono distogliere la Serva di Dio da quella sua invariabile e singolare compostezza. Profittando del tempo in cui ella era rimasta a refettorio per avere avanti servito a mensa, la maggiore di esse va sulla porta, e quivi, con ogni sorta di scherzi fa di tutto perché ella desista dalla sua compostezza e dica qualche parola. Ma la Serva di Dio non alza neppure gli occhi, non atteggia la bocca al sorriso, e seguita tranquilla la sua refezione. 
La sua volontà era sì conforme a quella della Madre Priora e della Madre Maestra, che al più piccolo cenno si sarebbe come suol dirsi, gettata nel fuoco. Tutto ciò che esse dicevano, per lei erano espressi comandi; onde obbediva prontamente con ilarità e semplicità. Anzi, era così amante delle virtù dell’obbedienza, che teneva sempre presenti non solo i comandi, ma anche i consigli uditi ed i buoni sentimenti in lei inculcati fin da bambina. E al Confessore che una volta le faceva osservare che a ciò non era più obbligata, essendo il dovere della religiosa di osservare con ogni perfezione la Regola e di mettere in pratica gli avvisi e i comandi della Superiora, rispose con umiltà che era tanta l’abitudine presa da riuscirle difficilissimo il non farlo; pure, se glielo avesse comandato, sarebbe stata prontissima ad obbedire. 
Era solita dire, con santa sincerità, che a lei bastava fosse imposto qualche cosa per obbedienza, per non sentire più alcuna pena e difficoltà. Perciò, nelle cose più manegevoli, aveva sempre l’avvertenza di pregare Dio affinchè le Superiore le imponessero il merito dell’obbedienza, attribuendo a ciò quella facilità gioviale che provava nell’eseguirle. Si era anche protestata davanti al Signore di voler vivere di pura obbedienza, e per questo in tutto quel che faceva cercava sempre di poter ripetere a se stessa: << Io opero per l’obbedienza >>. << Questa virtù - così il Padre Ildefonso - fu la più bella, la più continua e per lei la più ricca di merito, perché in essa costantemente e meravigliosamente abituata, tanto nell’osservanze comuni che ne’ comandi particolari non udiva altro se non la voce espressa di Dio, tenendo sempre scolpite nel cuore quelle divine parole di Gesù Cristo: Chi ascolta voi, ascolta me , e, nell’atto di eseguire qualche comando de’ superiori o qualche atto di osservanza regolare, quelle altre che sono proposte nei costumi del santo noviziato: Cristo comanda, basta ; protestandosi di più, come si è più volte protestata ai miei piedi, di voler vivere unicamente in tutti gli atti suoi interni ed esterni di pura obbedienza, con riferimenti spesso le sue sopradette sentenze che aveva e voleva aver sempre per regola di tutta la sua vita a costo ancora del proprio sangue >>. 
Attesta lo stesso Padre d’averla trovata sempre mirabilmente esatta nel mettere in pratica minutamente non solo tutti i comandi e i consigli che le dava, ma perfino ogni proposizione e parola attenente al più sublime di qualunque virtù, che per un medesimo consiglio; anzi, la trovò sempre avanzata nell’esercizio delle virtù e molte volte gli convenne raffrenarla onde, per la troppa preoccupazione, non ne risentisse qualche danno nella salute. Era stato osservato dalla Madre Anna Maria di Sant’Antonio da Padova ( Piccolomini ), che Suor Teresa margherita aveva l’abitudine di portare spesso, senza accorgersene, le mani la capo. << Seguitando così - le aveva detto scherzando - chissà quanti velo consumerà! >>. La Serva di Dio ricevè con piacere l’ammonizione, e le monache poterono notare che da quel momento in poi, quando inavvertitamente le veniva fatto di alzare la mano, tosto la riteneva come sospesa e in un attimo la riponeva sotto la scapolare. 
Durante i Santi Esercizi che, come vedemmo, intraprese con tanto fervore prima di pronunziare i santi Voti, venne a far visita alle religiose la Contessa Piccolomini, madre di Suor Anna Maria, la quale espresse il desiderio di vedere le novizie. La Maestra, allora la Madre Teresa Maria di Gesù ( Guadagni ), approfitto di questa occasione per esercitare nella virtù dell’obbedienza la Serva di Dio. Dovevano le novizie, secondo l’istruzione avuta, trattenersi in colloquio con la Contessa, ma alla Serva di Dio fu invece comandato di far solo una riverenza alla signora e di partirsene senza far parola. Suor Teresa Margherita compì con la massima puntualità il comando, con sorpresa della signora e grande edificazione delle novizie. 
Aveva reso, come suol dirsi, sì cieca la propria obbedienza che, persuasa essere la Superiora il mezzo per cui Dio trasmette i suoi ordini, bastava un cenno perchè subito inchinasse il suo giudizio. Si era nel 1769; alle religiose giunse notizia che in un giorno del Settembre, dopo la mezzanotte, sarebbe comparsa nel firmamento una cometa. Tutte mostrarono desiderio di vederla; ed anche la Santa, che mai aveva veduto comete, chiese il permesso alla Madre Priora. Non le fu concesso, perché premeva molto alla Superiora di non far perdere ore di sonno a quell’angelo che sapeva aver tanto bisogno di riposo. Non replicò, e tutta contenta andò a letto. Dopo la mezzanotte, le religiose che non sapevano del divieto della Madre Priora, andarono a svegliare la Serva di Dio, ma essa con cenni, per non mancare al silenzio, fece loro intendere che le era stato proibito e quindi se ne rimase a letto, contenta di poter offrire al Divin Cuore quella piccola mortificazione, per amore all’obbedienza professata. 
Condizione necessaria alla vita religiosa è la rinunzia. Al religioso che vuol piacere a Dio, è necessario prima abbandonare ogni cosa, e poi seguire Gesù. Ciò è il mezzo unico per giungere al possedimento di Dio. Questa bella virtù fu praticata da Suor Teresa Margherita fin dal momento che fu ammessa alle prove del Monastero. Col permesso della superiora, volle spropriarsi di varie cose che aveva portato dalla casa paterna, facendole dispensare a povere fanciulle che aspiravano alla vita religiosa. Le gioie e le perle che aveva ricevuto in dono dai propri parenti, furono destinate da lei ad ornamento della statua della Madonna. E quando un giorno, già religiosa, il Cavaliere Ignazio le mostrò il desiderio di farle qualche dono, richiedendola a questo fine qual cosa avrebbe più gradito. << Niente vorrei, mio caro babbo, e niente mi abbisogna >> rispose sorridendo: << E’ tanto grande il regalo che mi ha fatto col darmi il modo di vestire questo santo abito, che se dalla mattina alla sera stessi col la faccia per terra a ringraziarla, farei sempre meno di quello che le devo >>. 
Il profumo della Verna non aveva diminuito d’intensità nell’anima sua; e, povere come l’Assisiense, desiderava salire con la povertà fin sulla Croce. Amava i lavori manuali, essa di nobile stirpe, per poter, ( come diceva ) guadagnarsi il pane. Teneva conto anche delle più piccole cose, non permettendo che per sua colpa si perdesse né un filo di seta né una goccia di olio, e neppure un piccolo pezzo di carta. Era così attenta perché i frammenti del pane non perissero né di calpestarlo, che ogni giorno accuratamente li raccoglieva e li conservava per poi darli alle galline. 
A proposito di questa sua grande attenzione nel raccogliere i frammenti del pane, un giorno che le religiose, piacevolmente scherzando, le dissero esser quella una diligenza troppo accurata, con eguale affabilità rispose in modo da far comprendere che ella credeva che << dai religiosi, che sono poveri di Gesù Cristo, dovesse rendersi conto anche di tali minutezze, delle quali tanti poveri sono privi, e se non altro quelle briciole erano buone per alimento di tante creature irragionevoli e innocenti che stavano a questa divina provvidenza >>. E ad una religiosa che, avendola veduta portare sul terrazzo alcuni frammenti di pane, le domandò che cosa ne facesse, dette questa bella risposta: << Non potendo questi minuzzoli di pane servire gli altri, li porto sul terrazzo alle passere che li aspettano, e non mancano pertanto alla povertà >>. Non mostrò mai desiderio di qualche cosa benchè tenuissima, anzi procurò di essere mancante anche del necessario, << per provare - come era solita dire - alcun poco il peso della povertà religiosa >>. Quindi procurò sempre di avere per sé gli oggetti più vili, poveri e disprezzati. E il giorno di una vestizione, presentasi alla Madre Anna Maria di Sant’Antonio da Padova, allora Maestra, la pregò di toglierle tutta quella roba che la religione le aveva dato in uso, per darla alla nuova novizia, e disse che a lei bastava qualche cosa di vecchio, desiderando di essere di essere trattata da povera di Gesù Cristo. Ma la Maestra, ammirata dal suo spirito, le rispose che avesse tenuto quello che l’obbedienza le aveva assegnato, e che alla novizia avrebbe pensato lei a procurare il necessario. Umilmente insistendo nella sua domanda, le fu tolta solamente la lucerna ed in cambio gli ne fu data una usata e molto vecchia. 
Era così distaccata anche dalle più piccole cose, quali ad esempio oggetti di devozione, libricini, immagini, che spesso portava tutto alle Superiori perché la privassero di quegli oggetti e li dessero in uso a chi più loro piacesse. Memore in ciò del rimprovero che la Santa Madre Teresa rivolgeva a quelle religiose che si caricano d’immagini, di croci, di medaglie, come fanciulli al collo dei quali si appendono dei piccoli sonagli d’argento od altri giocattoli per divertirli; cose contrarie alla povertà, per causa dell’attaccamento che vi si professa. 
Quanto era distaccata dalle cose di particolare suo uso, altrettanto era meravigliosa nel conservare le comuni. Tutto raccoglieva e tutto riponeva nelle comuni officine. Dei pezzi di carta, anche già usati, se ne serviva per scrivervi i suoi pensieri, i suoi propositi e i suoi sfidi spirituali, come ancora si vede in alcuni di essi conservati dalle religiose. 
Era diligentissima dell’osservanza del silenzio, tanto raccomandato dalla Regola Carmelitana, che la bisogno manifestava le sue necessità scrivendole su piccoli pezzi di carta. E perché quella bella virtù stesse sempre scolpita nella sua mente, ne scrisse il concetto che se ne era formato e il proposito che aveva fatto sopra un cartellino che teneva attaccato dietro della sua cella. << Obbligo del Religioso Scalzo - diceva - è il non dire neppure una parolina senza necessità; il non guardare quello che fa bisogno; e se fa questo tutto il tempo di sua vita, sappia che non farà accesso di virtù, ma solo quello che è obbligo suo. Ed è certissimo che per una parolina inutile che dirà, per uno sguardo superfluo dovrà stare in Purgatorio >>. 
Quali sentimenti per un’anima che solo correva ma volava nelle vie della perfezione! Essa, così giovane, era divenuta l’esemplare e come lo specchio a cui le altre religiose volgevano gli occhi, per imparare che solo la perfetta osservanza delle Regole professate serve di scala alla santità. Dall’osservanza del silenzio essa aveva imparato perfettamente l’arte di vivere sempre in una continua comunione con Dio. Ed il suo spirito, anche nelle stesse occupazioni imposte dall’obbedienza, si sentiva mosso a rivolgere al Signore la mente e il cuore. La perfetta osservanza delle Regole e la continua presenza di Dio le erano come di norma alla propria perfezione. Che meraviglia dunque se, vivendo in Dio, era nel tempo stesso tutta fervore e tutta tenerezza per le creatura? I fatti che stiamo per esporre, provano chiaramente qual fosse il suo amore per le consorelle; i suoi modi e le sue parole non furono che un’effusione continua di soave carità. 

FONTE: Padre Stanislao di Santa Teresa, dell’Ordine Teresiano dei Carmelitani Scalzi. Un Angelo del Carmelo, Santa Teresa Margherita Redi del Sacro Cuore di Gesù. 1934. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano