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lunedì 23 gennaio 2017

TERESA MARGHERITA REDI DEL SACRO CUORE DI GESU' MONACA CARMELITANA SCALZA ( TERESIANA ) SANTA *1747 +1770 - PARTE DICIOTTESIMA.




Teresa Margherita Redi 
del Sacro Cuore di Gesù 
Monaca Carmelitana Scalza
 (Teresiana) 
Santa 
 *1747 +1770 

Posseduta dal più vivo amore di Dio, Suor Teresa Margherita non aveva aspirato che a rendersi una fedele copia del suo Amore Crocifisso; ma la sua carriera doveva esser breve, e lo sposo Celeste si affrettava di renderla simile a sé per mezzo di quella spirituale purificazione che si compie nel santuario più intimo dell’anima e che Dio riserba alle anime sue predilette. Ed ecco che le radiose chiarezze che avevano fino allora illuminata l’anima sua, gli ardori serafici che le avevano fatto pregustare le gioie del Cielo, scomparvero ad un tratto. La luce della fede sembrò ecclissarsi in lei; la speranza, che sì viva aveva brillato ai suoi sguardi, parve estinguersi; della carità per il suo Dio non le parve restare che qualche ricordo di cosa lontana, lontana… Dal profondo della sua desolazione ripeteva col Santo Padre Giovanni della Croce: << Ah! Dove ti celasti, Amato mio, me in gemiti lasciando? ( Prima strofa del cantico Spirituale ) >>. E trepidante domandava al suo Direttore: << Padre, mi salverò? >>. Subito però, senza aspettare risposta, soggiungeva piena di fiducia: << Ma sì, che lo spero per l’amore e per la bontà infinita del mio buon Padre e per i meriti del suo e mio Gesù >>. 
Chi l’avesse veduta allora accorrere sollecita, come di consueto, al Coro, prestarsi volenterosa ad ogni atto di carità, mostrarsi affabile e giovale con le consorelle, non avrebbe certo potuto supporre ciò che passava nel suo interno. Uno sguardo supplichevole al Cielo era l’unico sollievo che di quando in quando si permetteva in mezzo a tanto martirio d’amore. 
Il Padre Ildefonso, ben addentro nella scienza mistica, dell’incalzare della prova presagiva non lontana la fine della sua diletta figlia spirituale. E tanto più se ne rese persuaso perché la sapeva ormai giunta a quello stato d’unione di fede con Dio, nel quale tali anime, senza una grazia speciale, non possono più vivere lungamente. Ecco come bene si esprime questo dotto Padre: << Di questo ultimo stato d’unione di fede con Dio me ne persuasi da questi contrassegni: dalla sublimità e semplicità di questa unione che la portava senza aiuto veruno né di sensi né d’immaginazione alla considerazione astratta e purissima delle più recondite e sublimi perfezioni della Divinità ed a formare concetti altissimi, molto dei quali o per manifestazione del suo interno o per ridondanza di cognizioni e di cuore, me li palesava. Dalla facilità e quasi connaturalezza di questa stretta unione con Dio, non trovando più ostacolo né impedimento alcuno ad essa neppure nelle sue molte gravose e diverse occupazioni esteriori che ebbe specialmente in que’ due ultimi anni di sua vita negli uffici impostile dall’obbedienza o suggeritile dalla carità, anzi sembrando che le servissero piuttosto di aiuto e di mezzo per volarsene più eccellentemente a Dio, e perciò anche nell’esterno comparve allora alquanto più disinvolta e corrente, come dissero a me quelle Religiose. Da una speciale richiesta che mi fece successivamente un anno dopo l’altro dei detti due ultimi d’imitare la vita nascosta di Gesù Cristo, e perché io nel concederglielo la prima volta mostrai destramente d’intendere più della vita esteriore e lontana da tutto quello che può avere specie di comparsa e di riputazione fra gli uomini, ella l’anno seguente con maggior premura mi chiese l’istesso, ricordandomi però modestamente ciò che altre volte mi aveva detto, che le cose esterne create ed umane né sue né altrui, di qualunque sorta fossero, non le davano per misericordia di Dio più il menomo fastidio né impaccio come se punto non esistessero e che bisognava in questo modo far conto che non vi fosse altro che Dio e l’anima. Io ben mi rammento che presi allora a spiegarle questa vita misticamente nascosta di Gesù Cristo su quelle divine parole dell’Apostolo “ Mortui estis, et vita vestra scondita est cum Christo in Deo ”. Ella mi mostrò allora di avere ottenuto appieno da me ciò che fin dall’anno antecedente mi aveva chiesto e penetrò sì profondamente il misterioso e ascetico sentimento dell’Apostolo e lo comparò e conciliò sì eccellentemente con quell’altro di Gesù Cristo “ Nemo venit ad Patrem, nisi per me ” e l’altro “ Qui videt me, videt et Patrem meum ” e finalmente con quello del medesimo Apostolo “ Justus autem meus ex fide vivit ” che bene intesi allora che ella era chiamata ad emulare per fede, quanto a creatura è possibile, la vita e le azioni interne, nascoste dell’intelleto e della volontà, vale a dire le sublimi cognizioni ed affetti dell’Umanità SS. di Gesù Cristo unita ipostaticamente al Verbo, e quindi col maggior sentimento di quello che anche prima in altre occasioni aveva già fatto, mi diceva spesso così o in altra simil guisa: “ Oh Padre che Bella scala, ovvero, che scala preziosa e inarrivabile ! ” che voleva ella dire impertransibile è il nostro buon Gesù. Dall’essere divenuti d’impedimento alla libertà dello spirito perfino i libri più devoti che nei primi tempi tanto avidamente leggeva, di maniera che nell’ultimo anno specialmente le dovei concedere di riserbarsi solamente alla lettura dell’Istruzioni dei novizi, della Disciplina Claustrale e dei Costumi manoscritti del santo Noviziato, ai quali conservò sempre l’affetto per la pratica esteriore delle virtù ed osservanze regolari più minute che insegnano. Dalla purità indicibile di sua coscienza e dall’orrore sempre maggiore a qualunque minimo difetto. Dall’umile rassegnazione nell’accettare da Dio e soffrire volentieri le sue apparenti aridità di spirito, attribuendole a proprio demerito ed ai suoi creduti difetti rilevati da lei in cose minutissime e che in altri state sarebbero atti di gran virtù. Dalla fortezza e magnanimità che si sentiva ogni giorno più d’intraprendere cose grandi e ardue per Iddio >>. 
Le lettere poi che a detto Padre scriveva, rivelano le agonie sostenute in quei giorni torbidi e tenebrosi. << Mi trovo - diceva in una di queste - in un abbandono interno così grande, che da tutte le parti non mi pare vedere spiraglio di luce; mi è un tormento solo il pensare dovermi applicare alle cose di Dio; pensi dunque come può andare il proseguimento. Trovandomi tanto all’oscuro e temendo in questo stato offendere molto Iddio, ho creduto conveniente ciò manifestarle per riceverne qualche consiglio… Gli antichi desideri appena si fanno sentire, e se per mezzo della lezione spirituale mi si riaffacciano alla mente, non vedo l’ora che sia finita la lezione per il combattimento che provo allora in me… Sento nel fondo del cuore che Iddio mi vorrebbe tutta sua, ma sorda mi faccio alle sue voci particolarmente ancora nella pratica delle virtù, nella quale trovo molto ripugnanza >>. 
Le care gioie, il suo solito sorriso d’amore, le rose e i fiori di primavera erano dunque in lei come sfumati ed appassiti. << Le fresche aure erano passate, non le restava che il dolore ( Santo Padre Giovanni della Croce ) >>. 
Tremò, pianse nel segreto del cuore… pianse molto, perché molto amava; sentiva nella sua anima squisita il vuoto grande che le si era fatto intorno, ed ella gemeva, anelando che una nuova strada le si aprisse davanti per giungere al suo Gesù. << Il più duro carnefice del suo spirito - così il Padre Ildefonso - era la stessa sua divina carità, che quanto più in lei si avanzava, tanto più le spariva dagli occhi della mente. Amava senza credere d’amare, ed a misura che si dilatava nell’anima sua il santo amore, cresceva il desiderio di amare l’Eterno suo Bene e la pena mortale nel credere di non amarlo… Di questa pena mortale di credere di non amare Dio, quanto più lo amava, me ne accertai dalle angustie mortali che continuamente mi manifestava: di non poter più senza amare Iddio come e quanto lo desiderava; e che le sarebbe stato un gran refrigerio la morte…; e insomma dal conoscerla quasi tutta trasformata continuamente da questo eccesso d’amore, che rappresentandole vivamente l’eccellenza e il merito infinito dell’oggetto amato, le compariva sempre più tenue e fiacco a misura che in lei anzi cresceva >>. Il tedio indicibile che aveva nell’orazione, la tormentava più di ogni altra cosa. Iddio aveva permesso all’angelo delle tenebre di avvicinarsi per tentarla; ed il maligno le rimproverava la sua infedeltà verso Colui che tante prove le aveva date del suo amore. Soffriva molto, e, vedendosi impossibilitata ad amare il Signore come avrebbe desiderato, esclamava: << Che cosa sarà di me?… >>. 
Stretta sempre alla Croce di Cristo, accettò con rassegnazione questo martirio di carità; piegò il capo alla prova, al dolore, sopportando tutto pazientemente, dolcemente, adorando l’altissimo volere di Dio, che veniva così sempre più purificandola per stringerla fra non molto al suo divin Cuore. Diceva di non amare e di non sapere amare il suo Dio, eppure non respirava che per lo zelo della sua gloria; per suo amore intraprendeva fatiche superiori alle sue forze, ed era insuperabile nel soffrire i dolori, desiderandone sempre dei nuovi. << Il suo pensiero - un biografo di lei ( Padre Teodoro di Santa Maria, Carmelitano Scalzo ) - era occupato sempre in Dio. I suoi difetti per lo apparenti, non già reali, le comparivano deformità d’ingratitudine orrenda, per cui troppo giustamente diceva che le punisse il Signore con quelle aridità in cui le sembrava di essere; e ne provava di fatto la pena sensibilissima. In questo stato, che è quello che i mistici paragonano a quanto mai può esserci di penoso anche nell’altra vita, andò agonizzando Suor Teresa Margherita veramente per poco tempo, ma per tanto che bastò a farle meritare il titolo di Martire di Carità. In questo breve giro di tempo, quasi da momento in momento cresceva in lei l’amore di Dio per il continuo alimento che gli somministrava con l’applicazione quasi continua della mente e del cuore in Lui, con l’esercizio non interrotto di sante operazioni. A proporzione poi che le anime in questo stato si avanzano in amore, si vedono esposte in pene più rigorose, poiché conoscendo meglio Iddio, vedono in lui un più profondo infinito, diciamo così, che nella luce affittisce sempre più le loro tenebre. Amando più vivamente, bramando di più amare, e scorgendo il desiderio stesso inferiore all’amabilità di Dio, se ne crucciamo d’una maniera, che questa lor pena è paragonata dalla Nostra Santa Madre Teresa e dal Nostro Padre Giovanni della Croce e dagli altri mistici, a quella del Purgatorio >>. 
E’ naturale, e ne fanno testimonianza moltissimi Santi, che nell’agonia di queste interiori ambasce l’anima brami di essere sciolta dai legami del corpo, per rivolarsene a Dio. I Santi, cui è tolta la visione interna del sorriso di Dio, si affliggono, in modo da morirne, di questa repulsa. Il loro cuore si spezza, la loro anima si appiglia ad un ultimo sforzo; essi desiderano, come San Paolo, la propria dissoluzione per essere con Cristo. Esposta alla prova più dura, Suor Teresa Margherita amò immensamente il suo Dio; anzi, a misura che quella grand’anima passava sui più irti sentieri del dolore, con slancio della più squisita tenerezza cercava raccogliersi sempre più nel Divin Cuore, dove più largo è più puro avrebbe emesso il suo respiro d’amore. Non deve dunque recar meraviglia che, in mezzo a sì forti aridità, conservasse esternamente quel suo fare giovale, quel suo aspetto che indicava un animo mite, dolce, mansueto, e che mai mi udisse uscire dalla sua bocca un lamento. Certo << era un prodigio di fortezza - dice il biografo sopra citato - per cui si presenta un’altra ragione di denominarla Martire occulta di Santo Amore >>. 
Consumata così dalle divine fiamme, aspettava quel giorno in cui sarebbe volata colà dove la chiamava potente il sospiro del suo cuore. E non era questa la grazia di cui aveva pregato quella religiosa morente che assistè con tanta carità? Le aveva detto, come ricorderà il lettore, che, in premio della sua assistenza, le ottenesse da Gesù di morire quanto prima, per poter così andare << ad amare Dio presto e senza fine e a goderlo >>. Questa santa religiosa non l’aveva dimenticata: la sua preghiera era stata esaudita, parve che ella stessa presentisse il suo termine; perché a quella foga infinita d’amore che tutta la consumava, sentì che non poteva ormai più reggere: il corpo, più presto ancora che ella stessa potesse immaginare, avrebbe ceduto al sovrumano sospiro dell’anima che si struggeva di rivolarsene a Dio. Poche settimane ancora e il suo corso sarà compiuto. Noi ora assistiamo all’ultimo ma più commovente periodo della vita di questa giovane angelica. Gli ultimi suoi giorni sono simili al tramonto placido, tranquillo, sereno, del sole in un giorno destate, che dalle alte cime dei monti sembra salutarci, per poi nascondersi al nostro sguardo fra piccole nubi di porpore e di viola. Ella stessa predisse la sua fine. Iddio parve tornare negli ultimi giorni, per breve intervallo, a sorridere a questa grand’anima, per rivelarle l’ora del suo trionfo. Il Divino suo Sposo che la chiamava, le aprì il futuro; e così ella potè accettarsi della sua morte: contro i giorni che le restavano a vivere, e trovò quello in cui avrebbe lasciato la terra. 
Già prima ancora che ella vestisse l’abito religioso, il Signore le aveva fatto conoscere che la sua vita sarebbe stata breve; poiché un giorno, facendo visita ad una certa Paoli, monaca del Monastero di S. Salvi, aveva detto: << Andremo tutte e due in Paradiso, ma la prima devo essere io >>. Ma ora che era sicura del suo vicino transito, lo predisse con maggiore risolutezza, certa esser quello il giorno della sua gioia suprema e delle mistiche nozze dell’Agnello. Essendo venuta in quei giorni al Monastero di Santa Teresa, a farle visita, la signora Teresa Rinuccini, che aspirava all’abito religioso nel Monastero S. Apollonia, ed avendo detto alla Santa: << Prima che io vesta l’abito religioso voglio tornare a farle una visita >>, ella le rispose: << Se mi vedrete! >>. Meravigliata quella giovane signora di queste parole, soggiunse: << Che forse la Madre Priora non sarà contenta? >>. E la Serva di Dio, sembrandole forse di aver detto troppo e di aver manifestato così il suo segreto, ripetè solamente le medesime parole: << Se mi vedrete >>. E realmente non fu possibile alla Rinuccini rivederla, perché prima della sua vestizione Suor Teresa Margherita era morta. 
Circa la metà di Febbraio, scrisse la padre, e fu questa l’ultima lettera. << Fu breve, ma sugosa - così lo stesso cavaliere Ignazio - ; mandandomi in essa un foglio bianco intagliato esprimente il Cuore di Gesù ed attaccato sopra carta di color rosso, mi raccomandò di custodirlo; quindi mi pregò di fare una novena secondo la sua intenzione e di procurarla da altre persone. La detta novena, all’adorabilissimo Sacramentato Bene, fu solo principiata cinque giorni avanti la sua felice morte >>. Ciò si rivela anche dai Processi Canonici: << Poche settimane prima della sua morte - così la Madre Maddalena Teresa San Francesco di Sales - rammentandole io la carità che mi aveva fatto di farmi fare la novena al Sacro Cuore per il buon esito della cura del mio occhio, mi disse: “ Ora mio padre ne fa un’altra per me e per una mia intenzione di gran premura ”; e non vi fu da sapere che cosa fosse, quantunque glie ne facessi istanze >>. 
Era questa la novena di preparazione al grande viaggio per l’eternità? Non lo sappiamo. E certo però che in quegli ultimi giorni una gioia arcana le si leggeva sul volto; benchè fosse amareggiata dalle più gravi pene di spirito, pure sembrava che ella già pregustasse le gioie che le eran dovute per premio della sua costanza. Dal suo cuore saliva come un inno continuo dei più sinceri e fervidi affetti. In lei si realizzava ora quanto nel Cantico Spirituale aveva scritto il Serafico Padre San Giovanni della Croce, riguardo alle anime già preparate a ricevere la ricompensa dei loro meriti: << Da quel punto - dice il Santo - la volontà della Sposa ( cioè dell’anima ) è interamente sciolta da tutto il creato, i legami dell’amore la congiungono strettamente al suo Dio, e la parte sensitiva dell’anima sua, con tutte le sue forze, le sue potenze, le sue inclinazioni, e completamente sottomessa alla parte spirituale. Tutte le sue passate resistenze furon troncate dal suo perfetto assoggettamento e, grazie alla sua lunga abitudine negli esercizi spirituali d’ogni genere, grazie alla lotta coraggiosamente sostenuta contro di lui, il demonio e finalmente vinto e cacciato lontano. L’anima, unita al suo Dio, è trasformata in Lui, gioisce in una prodigiosa abbondanza di ricchezze e di doni celesti, possiede quindi tutte le disposizioni tutta la forza necessaria per attraversare il deserto della morte e salire fino al trono glorioso preparato alle Spose di Cristo >>. 
In quei giorni infatti le espressioni più care al suo cuore erano quelle delle anime sitibonde di un eterno amore, e che invece sono condannate ad un esilio duro e prolungato. Onde ripeteva col Salmista: << Me misera o Signore, perché il mio esilio è stato prolungato! Troppo a lungo ho vissuto fra gli abitanti di Cedar e la mia anima troppo a lungo è stata rilegata quaggiù. La mia anima anela e si strugge per gli altri di Dio! Quando dunque mi sarà dato di venire e di comparire al cospetto del Signore? >>. Essa era veramente come una mistica colomba che, non sapendo più dove riposare il piede, picchiava alla finestra dell’arca. Il suo grido era simile al fervido accento di Giovanni: anch’essa faceva udire il suo gemito: << Viene , Gesù Signore, vieni presto! >>. E l’amante divino, come all’Apostolo vergine, rispondeva a quell’anima: << Si, presto verrò! >>. << Vieni più presto! >> sembrava riprendere quel cuore ardente. 
E che altro le rimaneva ora se non prepararsi alla venuta dello Sposo? Vi si preparò: ed oh quale preparazione fu la sua! Quanto apparve più bella, più amabile la luce sua virtù in quegli ultimi giorni! Quanto non abbiamo ora da ammirare e meditare! Quei giorni compendiano tutto il passato e annunziano il futuro. Un bisogno maggiore di purificarsi e di santificarsi ancora più, un nuovo slancio per tutto ciò che è sacrificio e dolore, ecco l’unico pensiero che occupava la mente di quell’anima eletta. Le sue preghiere avevano qualche cosa di maestoso, di soprannaturale; il suo volto apparve sempre come infiammato. Ella poteva ora ripetere con tutta sicurtà insieme a Santa Margherita Maria: << Io non ho bisogno che di immergermi nel Cuore di Gesù. O mio Dio, qual felicità di morire! >>. 

FONTE: 
Padre Stanislao di Santa Teresa, dell’Ordine Teresiano dei Carmelitani Scalzi. Un Angelo del Carmelo, Santa Teresa Margherita Redi del Sacro Cuore di Gesù. 1934. 


LAUS  DEO

Pax et Bonum


Francesco di Santa Maria di Gesù
Terziario Francescano